Non Ti Stavo Cercando: il romanzo.

26 ottobre 2015 da Mauro

NTSCover

Avete presente quando una di quelle idee sceme, si insinua sotto pelle e piano piano prende il posto di tutte le altre cose serie cui dovreste dedicare il cento per cento delle vostre attenzioni?
Ecco.
Quell’idea scema è diventata un libro che ho appena finito di scrivere.
E’ una cosa piccola che incidentalmente si intitola come questo blog e ha una copertina che dovrebbe ricordarvi qualcosa.
Ma la storia dentro è tutta nuova e potrete trovarla in occasione dell’imminente Lucca Comics & Games allo stand del nostro Studio In Rosso.

Siccome non vedo l’ora di farvelo leggere, vi regalo i primi due capitoli.
Fatemi sapere cosa ne pensate:

NTSCover

Capitolo 1

  1. Il suo culo e nient’altro.
    Ma sto ancora dormendo.
    Inspiro e sprofondo nell’apnea bianca di lenzuola che odorano troppo di pulito e poco di quanto le abbiamo sporcate fino a – che ore sono adesso? È ancora buio, no? La luce dell’abat–jour non mi fa capire nulla – boh, prima. Fino a prima. Fino all’odore che avevano prima di noi due.
    Emergo dal mio lato spuntando appena e intravedo la mia giacca per terra, il mio zaino ancora chiuso poggiato al mobile nero. E le sue scarpe, le mie, le sue mutande, la sua maglia, il portafogli, i passaporti, i check–in dell’aereo e tutto quel disordine di chi entra nella stanza di un albergo dall’altra parte del mondo, col solo obiettivo di scoparsi fino a svenire.
    Immergo, riemergo.

Ancora il suo culo. Il suo culo e nient’altro.
È lì fuori in balcone, ma io lo sento ancora qui, dove finiscono le mie dita, caldo e tondo mentre sbatte sul mio corpo al tempo delle mie spinte e aritmico rispetto al suo fiato spezzato. Mentre tutto, eccetto noi, era buio e silenzio.
È lì fuori in balcone, e io mi sforzo di guardare altro, di seguire la linea delle sue gambe fino al pavimento o quella della schiena fino ai capelli, ma è sempre lì che torno.
All’unico rifugio in cui sparire per lasciare fuori Roma e tutte le voci, gli occhi e le dita da cui siamo fuggiti per tornare a respirare e smetterla finalmente di ucciderci, spaventati l’uno dall’altra.

Mi alzo con la consapevolezza che il mio movimento ne causerà necessariamente uno suo di risposta, spezzando così la perfetta visione di lei completamente nuda su un balcone al trentaquattresimo piano di un albergo che affaccia sulla totalità di Bangkok, e quando si volta verso di me, riesco a dirle soltanto “no”.
– No cosa?
– Non voltarti. Rimani come stavi.
Lo fa con quella frazione di ritardo di chi ci tiene a sottolineare il suo assenso e, sollevando appena quel suo culo tondo e caldo, calcola perfettamente l’istante del mio arrivo alle sue spalle, lasciandolo passare per un caso.
Aderisco al suo corpo più freddo del mio e la stringo intrecciandole entrambe le braccia al petto.
– Sei caldo.
– Ero sotto le lenzuola fino a un istante fa.
– Non ti volevo svegliare.
– Non l’hai fatto.
– Stavo guardando lì, quella barca sul fiume. Come si chiama?
– Il fiume o la barca?
– Il fiume.
– Chao Praya.
– Ecco, stavo guardando quella barca sul Chao Praya.
– E perché?
– È l’unica cosa che si muove a quest’ora.

Un movimento delle spalle, decisa e morbida ruota su sé stessa senza togliersi dalle mie braccia e finisce per strusciare i piccoli seni contro il mio corpo.
– Speravo ci fossimo solo noi due, in questa città – dice.
Apre la bocca come se dovesse aggiungere qualcosa, ma poi ferma il pensiero senza richiuderla. Si avvicina al mio viso, poggia i denti su una guancia e la morde affondandomeli piano nella pelle.
Lo fa di nuovo, e poi ancora, aprendo ogni volta di più la bocca e spostandola sempre più sulla mia.
Dal balcone al letto, un’eternità sospesa.
Il resto, una voce silenziosa.

NTSCover

Capitolo 2

Bussano alla porta mentre il cartellino non disturbare pende dalla maniglia interna.
Porto entrambi i piedi sul pavimento, punto i gomiti nelle gambe, gli occhi nei palmi e, stirandomi la faccia, mi alzo. Cerco i pantaloni ma saranno con le mie mutande e la mia maglia a ridere alle mie spalle.
Appaio per uno spicchio di faccia alle due tizie oltre la porta e gli dico in un inglese inventato che non fa niente, ci teniamo la camera sporca. Loro cantilenano un “Sawadicaaaa!” e svaniscono.
Sbadiglio richiudendo la porta, percorro all’indietro gli stessi identici passi di prima e il viso di Alice è lì che mi guarda.
Sorride e mi guarda.

Abituato, negli ultimi dieci anni, a svegliarmi con donne che maledicono la vita fin dall’istante in cui aprono gli occhi, quel sorriso fa l’effetto del primo film sonoro nel ’29, della puntina poggiata sul vinile senza ricordarsi che il volume delle casse è posizionato sul massimo: un rumore assordante a cui non so esattamente come reagire.
Faccio finta di nulla sperando che non si accorga che la sto guardando come se avessi le prove che nel lago di Loch Ness ci sia davvero una specie di dinosauro e mi infilo nel letto con lei.

Sorride ancora senza staccare gli occhi dai miei e mi si stringe addosso mettendomi una mano tra le gambe. La stringo e il suo corpo piccolo sparisce nel mio.
Solo la testa continua ad avere una sua autonomia e dopo aver trovato un mio orecchio gli spinge dentro un “che ore sono?”.
– Non lo so – e aggiungo. – Sono ore che non lo so. È da stanotte che non lo so.
Non abbiamo fatto neanche i conti con il fuso orario, allungo la mano alla ricerca del mio telefono, lo afferro e vedo che segna le sei di mattina. Mezzogiorno da queste parti, quindi.
– Abbiamo dormito pochissimo – dice.
– Hai sonno?
Non mi risponde, esce dal letto umiliando ogni paragone possibile con la mia alzata precedente e con tutte le alzate del mondo avvenute nello stesso istante.
Non mi abituo al fatto che quel culo sia ancora lì, quella schiena anche e lo stupore con cui la guardo è lo stesso di ieri, nonostante dell’alcool non senta più alcun postumo.
Difficile trovare una donna che sia così tanto più bella nuda che vestita, ma Alice era cintura nera nella sacra disciplina di guadagnare punti al cadere di ogni indumento.
Perfino ora che abbassava la serranda e il suo corpo svaniva col resto, bastava riconoscerne i contorni e il colore per volerla ancora.
– Freddo – dice, rientrando nel letto.
– Non m’avevi detto che qui adesso era estate?
– No, quella arriva a marzo. Siamo a dicembre.
– Esagerato, siamo a gennaio.
– È ancora dicembre.
– Ma è il trentuno! – dice salendomi sopra.
– L’anno finisce da lontano – rispondo accorgendomi di non sentire il suo peso sul mio corpo.
– E comincia da vicino – mi bacia la bocca.
– Sarai ancora qui, domani? – chiedo.
– Non mi vuoi? – chiede.
– Non lo so, non ti conosco – dico.

Scende dal mio corpo rotolando sull’altro lato del letto.
– Neanch’io ti conosco.

5 commenti

  1. enzo -

    Bellissimo! Grazie di questo regalo. ..

  2. Silvia -

    … Accattivante e d’impatto, mi piace molto!
    Ma c’è possibilità di acquistarlo anche per dire, qui a Genova? ^__^

  3. Luca -

    Ho preso una copia a Lucca e lo sto trovando molto interessante. Fabrizio è il tuo alter ego come lo è Asso per Recchioni?

    Grazie 🙂

  4. Luca -

    Lo sto leggendo, è molto interessante 🙂
    Se posso vorrei chiederti se Fabrizio è il tuo alter-ego come Asso lo è per Recchioni.

    Grazie 🙂

  5. Mauro -

    @Enzo
    Contento che ti piaccia!

    @Silvia
    Certo che sì, Silvia! A presto ti saprò dire come!

    @Luca
    Una specie. Ma più simile a quel che ero che a quello che sarò.

Lascia un commento