Film belli e bellissimi che rischiate di non vedere mai.

23 agosto 2014 da Mauro

cinema

Il 27 agosto inizierà la 71esima edizione del più antico Festival cinematografico del mondo, quello di Venezia.
Chi mi conosce sa che, ormai da quattro anni, è diventato per me una tappa irrinunciabile e, giuro, non starò a menarvela su quanto sia piacevole trascorrere dieci giorni immersi in un’atmosfera difficilmente ripetibile e avere l’opportunità di vedere una mole impressionante di film in lingua originale, spesso e volentieri, con i registi e gli attori presenti in sala con per poter dibattere su quanto si è appena visto.
Giuro. Non lo faccio.

Quello che, per quanto banale, trovo invece giusto sottolineare – e sottolineerò fino alla nausea – è che di questi film trasmessi ai festival (tutti i festival, tanto Venezia, quanto Torino, quanto Cannes) solo una minuscola percentuale viene distribuita nelle sale cinematografiche italiane.
E se qualche pellicola fortunata riesce a trovare una piccola distribuzione nel circuito dell’home-video, la stragrande maggioranza svanirà come lacrime nella pioggia e la possibilità di reperirle potrà essere affidata soltanto alle magie del mulo o di qualche generoso torrente.

E allora, visto che se state leggendo queste righe, molto probabilmente sapete cavalcare un mulo, risalire il torrente e spulciare gli angoli più nascosti di Amazon, io qualcuno di questi film ve lo consiglio.

Perché magari il vostro film preferito di tutti i tempi è già stato realizzato ma nessuno ve l’ha fatto sapere.

In questo post mi concentro su quelli che ho visto nell’edizione 2011 e che più di tutti hanno resistito alla cancellazione della memoria.
Spulciate pure:

4:44 Last Day On Earth

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Abel Ferrara. 
Usa
82 minuti. 

Alle 4:44 il mondo finirà, lo sanno tutti. Le televisioni non parlano d’altro. I telegiornali mandano il conto alla rovescia e la gente nelle strade urla, sciacalla, si cerca, si trova e si rintana nelle proprie case.
Così fanno pure Cisco e Skyie che aspettano la fine nelle stanze della loro vita.
A parlare, mangiare, litigare e fare l’amore.
La regia di Abel Ferrara si spoglia di qualsiasi orpello, si nasconde tra stilosità low budget, momenti rubati e ci regala una poesia intima, sbagliata e perfetta sulla fine di tutto.

Il trailer:

Stellette? 7 su 10

Tao Jie – A simple life

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Ann Hui
Cina
117 minuti

Ann Hui, promessa mantenuta del cinema cinese, parte da una storia realmente accaduta per raccontarci una piccola fiaba urbana col suo consueto stile documentaristico.
La vita semplice del titolo è quella di Ah Tao che perde il padre durante l’occupazione giapponese e che a causa della povertà della mamma si ritrova, appena adolescente, a fare la “Amah”, la serva a casa della ricca famiglia Leung.
Ah Tao cresce e invecchia all’interno di questa nuova famiglia che la fa sentire benvoluta e rispettata fino al punto di essere ritenuta una vera e propria mamma da Roger, attore di successo e giovane rampollo della casata.
E sarà proprio Roger a correre in soccorso di Ah Tao quando la donna cadrà vittima di un ictus che la paralizzerà per qualche giorno, impedendole di lavorare.
Da quel momento, Roger metterà in stand by tutti i suoi progetti per dedicare la sua vita a quella della donna che l’ha cresciuto.
Per farle recuperare la vitalità di un tempo e interpretare la sua commedia migliore circondato dai grandi caratteristi che popolano le stanze della casa di cura.
Gli attori in stato di grazia, la regia misurata e la totale assenza di pietismo nella scrittura, fanno di Tao Jie un piccolo gioiello da conservare accanto a quelli della grande hollywood romantica degli anni ’50.

Il trailer:

Stellette? 8 su 10

Hahithalfut – The Exchange

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Eran Kolirin
Israele/Germania
94 minuti

Un uomo torna a casa sua prima del solito, in un orario in cui non era mai tornato, e la casa non è quella che è abituato a vedere.
La luce illumina i mobili in modi diversi rispetto ai colori che hanno la sera, quando lui torna da lavoro.
Le particelle di polvere rimangono nell’aria del salotto, le sue stesse sedie sembrano nuove.
L’uomo si ritrova così a guardarsi intorno come  fosse un turista all’interno della sua stessa casa.
Gli oggetti che compongono la sua vita lo sorprendono, tutto sembra avere un aspetto così diverso da quello che è abituato a vivere.
Questo piccolo, semplice avvenimento, scatena in lui la voglia di allargare l’esperienza anche fuori dalle mura di casa, dal pianerottolo, fin dentro il parcheggio, sotto gli occhi stupefatti della moglie.
Quello che l’uomo ancora non sa è che non è il solo ad avere un punto diverso sul mondo che lo circonda, e lui e quest’altra persona stanno per incontrarsi.
Eran Korilin, dopo il successo interazione de “La Banda” (uscito anche in Italia in home-video) torna con una nuova commedia malinconica che punta l’attenzione su quello che Colirin adora più raccontare: l’uomo fuori dal suo contesto.
Ma mentre i protagonisti de La banda si trovavano effettivamente in un mondo vicinissimo eppure davvero distante dal loro, il giovane protagonista di The Exchange proverà questa esperienza all’interno di quel mondo che, meno di tutti, dovrebbe sorprenderlo: casa sua.

Il trailer:

Stellette? 10 su 10

Dark Horse

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Todd Solondz
USA
85 minuti

Todd Solondz ha diretto Happiness e questo già basterebbe a elevarlo al ruolo di divinità cui inginocchiarsi rispettosissimi.
E’ anche il regista di Welcome to the dollshouse (in italiano, tenetevi: Fuga dalla scuola media) motivo per cui gli vogliamo benissimo, e anche di tutta una serie di film bellissimi che le sale italiane non hanno mai proiettato (Perdona e Dimentica, Palindromi, ecc).
Con questo Dark Horse le cose non sono andate diversamente, nonostante Solondz si fosse prodigato in descrizioni atte a renderlo appetibile per il pubblico più commerciale: “Dark Horse è il mio tentativo di vedere se fossi stato capace a dirigere un film che non parlasse di stupri, pedofilia, masturbazione. Credo sia importante mettersi sempre alla prova.”
E quindi di cosa parla questo Dark Horse? Dei soliti temi cari a Solondz. Dell’incomunicabilità, dell’incapacità di uscire dalla propria stanza che è guscio, vita e adolescenza e di come l’uomo e la donna funzionino insieme soltanto sopravvivendo ai propri disastri emotivi.
Il tutto con molta più ironia del solito, un cazzottone in faccia ai nerd rivalutati dall’hispteria, e una indimenticabile interpretazione di Justin Bartha.

Il trailer:

Stellette? 7 su 10

Himizu

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Sion Sono
Giappone
129 minuti

Sumida lavora al noleggio barche del padre. Il padre di Sumida ogni sera torna a casa ubriaco e si sfoga menandolo e maledicendolo per la sua esistenza. La madre di Sumida ogni sera si mette in ghingheri e scappa con un uomo diverso.
Chazawa è innamorata di Sumida e vorrebbe vederlo contento.
Ma Sumida vuole una cosa sola: essere un ragazzino NORMALE.
Senza un padre violento, senza una madre libertina, senza un’innamorata asfissiante.
Vorrebbe lavorare al molo, studiare, leggere dei libri e non dover sopportare le persone che lo circondano opprimendolo con le loro vite.
Ma questo non è possibile e Sumida lo capirà la sera che si ritroverà a uccidere suo padre dopo che lui lo avrà maledetto per l’ennesima volta di essere nato. A quel punto, per Sumida sarà chiaro che la “vita normale” non può far per lui e che il suo scopo sarà difendere i deboli dai loro oppressori.
Tratto dal manga omonimo, Himizu è la risposta di Sono alla tragedia di Fukushima. Un invito a rialzarsi e combattere per risolvere i propri problemi, aiutandosi l’un l’altro senza arrendersi alle proprie insofferenze.
Il tutto con lo stile caustico, ironico e grottesco cui il regista di Suicide Squad ci aveva già abituati.
Imperdibile, come tutti i suoi film.

Il trailer:

Stellette? 8 su 10


I’m Carolyn Parker: The Good, The Mad and the Beautiful

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Jonathan Demme
USA
91 minuti

Carolyn Parker fu l’ultima a lasciare il suo quartiere quando giunse l’ordine di evacuazione per l’arrivo dell’uragano Katrina, nell’estate del 2005.
Col ritirarsi delle acque fu la prima a ritornare nella comunità devastata dall’inondazione con il sogno, per molti impossibile, di riportare la sua casa in condizioni normali.
Non è la prima volta che Demme racconta le vittime dell’uragano, dalla sua c’erano già tre incursioni nelle vite di alcuni dei sopravvissuti, ma in questo caso, il documentario su una donna straordinaria come la Parker, gli permette di attraversare sessant’anni di storia americana. La New Orleans degli anni ’40 e della segregazione razziale, l’attivismo per i diritti civili degli anni ’60, fino ad arrivare alla piena conquista di una vita dignitosa, mostrando Carolyn impiegata come cuoca e poi come Chef nei migliori hotel americani.
La vita di Carolyn diventa così quella di uno stato che lotta per crescere e che non muore sotto la forza della natura, perché il suo spirito e forte e leggero assieme.

Il trailer:

Stellette? 7 su 10

Cut

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Amir Naderi
Giappone
132 minuti

Amir Naderi è un maestro del cinema iraniano, ma la sua vera passione è per gli autori giapponesi.
A sentir lui, in ognuno dei suoi film ci sono scene che omaggiano i grandi registi giapponesi del passato, da Kurosawa a Oshima a Ozu.
Cut è la sua dichiarazione d’amore al cinema di cui è da sempre innamorato.
Per metterla in scena sceglie la storia di Shuji, un giovane regista squattrinato, ossessionato dalla ricerca di un cinema di qualità che scopre che il fratello – finanziatore del suo film d’esordio – è stato ucciso dalla Yakuza perché i soldi con cui gli aveva prodotto il film li aveva chiesti a degli strozzini nella speranza di poter incassare tanto da ridarglieli.
Ora tocca proprio a Shuji saldare quel debito e il ragazzo sceglie di pagarlo in un modo inaspettato: considerato che quello che riesce a far meglio è reagire ai violenti pugni che la vita gli dà, propone ai malavitosi di pagarlo per ogni pugno che si lascerà sferrare.
L’idea, piano piano, prende piede e Shuji diventa una celebrità e tra le pieghe di questa storia vedremo scorrere sotto i nostri occhi, tutto ciò che ha fatto la storia del cinema d’autore.
Un film sul cinema, per il cinema, con dentro tutto il cinema che Naderi conosce e ama.
Che ama a tal punto che in sala, poco prima della proiezione, si è alzato in piedi davanti a noi e ci ha urlato: “Questo è il film più importante della mia vita: se non vi piace, mi ammazzo!”
Gli applausi a fine proiezione gli hanno garantito la vita eterna.

Il trailer:

Stellette? 8 su 10

Kotoko

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Tsukamoto Shinya
Giappone
91 minuti

Cocco è una cantante giapponese che Tsukamoto adora.
La sua voce gli piace talmente tanto che, non solo una sua canzone compare in Vital, il  suo film del 2004, ma è anche la voce che più di tutte gli ha fatto compagnia nei lunghi anni in cui si è occupato di accudire sua madre nel decorso della sua malattia.
Per sette anni, la voce di Cocco è l’unica cosa che gli dà un attimo di pace dai bisogni della madre.
Per questo, quando la chiama per farla lavorare nuovamente con lui, le rivela che le ha scritto un copione su misura.
Un copione in cui lei è Kotoko, una donna che ha la maledizione di vedere le persone divise nella loro essenza di buone e cattive e che solo cantando riesce a riunirle in una.
Ma Kotoko è anche una donna che ha appena partorito e le paure per quello che possa accadere al figlio la portano a ucciderlo mille volte nella sua testa, fino a quando i servizi sociali non arriveranno a portarglielo via.
Per aiutare Cocco a recuperare la grazia della sua voce, servirà solo un uomo buono, innamorato di lei e interpretato – guardampo’ – proprio da Shinya Tsukamoto.
Kotoko è un film Tsukamotiano fino al midollo.
Capace di disturbare, spaventare, divertire, ridere, angosciare e commuoverti come solo questo brutto pazzo giapponese riesce a fare. Soprattutto quando è innamorato.

Il trailer:

Stellette? 9 su 10

Black Block

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Carlo Augusto Bachschmidt
Italia
76 minuti

Sette ragazzi: Lena e Niels di Amburgo, Chabi da Saragoza, Mina da Parigi, Dan da Londra, Michael da Nizza e Muli di Berlino.
Un’unica cosa in comune: dal 19 al 22 luglio 2001 erano tutti a Genova a manifestare contro gli 8 più potenti del mondo.
Quello che vedranno e che passeranno rimarrà talmente impresso nei loro occhi, che ancora oggi sono in analisi per tentare di dimenticare.
Le violenze subite, i denti attaccati ai manganelli, il sangue sulle pareti della caserma di Bolzaneto, le umiliazioni sessuali subite e la mattanza all’interno della scuola Diaz.
Bachsmidt non giudica, non applaude, non mistifica.
Ascolta le loro sedute di analisi e tenta di ricostruire quello che neanche le immagini possono mostrare, consegnando quello che è ad oggi, per chi scrive, il film più duro sull’argomento.

Il trailer:

Stellette? 7 su 10

El Campo – Il campo

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Hernàn Belòn
Argentina
82 minuti

Santiago e Elisa hanno appena comprato una casa con un piccolo appezzamento di terra in campagna e iniziano a viverci con la loro bimba. Quanti film horror abbiamo visto iniziare in questo modo?
Quante volte l’ambiente circostante si è trasformato in luogo dell’incubo e la casa, da rifugio, è diventata la camera delle torture da cui fuggire o morire?
Talmente tante che la potenza di questo film è tutta nel non imboccare nessuna delle strade conosciute pur partendo da un incipit così codificato e risultare sorprendente per la capacità di tenersi lontano da tutte le direzioni già percorse.
E’ sinceramente spaventoso “El Campo”, un pezzo unico per l’intrattenimento di genere, in cui la profondità del rapporto di coppia cede il posto all’ambiente che minaccia la loro stessa esistenza.
Da vedere e conservare, inquietudine dopo inquietudine, inquadratura dopo inquadratura, sorpresa dopo sorpresa. Un horror complesso e stratificato che parla all’orrore dentro ognuno di noi, lasciandoci soli e con pochi appigli cui aggrapparci.

Il trailer:

Stellette? 9 su 10

La terre outragee – La terra oltraggiata

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Michale Boganim
Francia
105 minuti

Anija e Petr si stanno sposando ma è il 26 aprile del 1986 e alla centrale di Cernobil avviene un incidente.
Petr è un vigile del fuoco e deve correre.
Petr non tornerà mai più, Cernobil diverrà nel tempo un’attrazione turistica e Anija oggi è una delle guide che racconta la storia di quei posti.
In particolare della città di Pripyat che venne abbandonata di colpo da tutta la popolazione e che, ancora oggi, sembra una città fantasma.
Michale Boganin, sceglie di raccontare la storia di Anjia e di quei reduci che oggi sopravvivono grazie alla tragedia perché sono i luoghi i personaggi principali di questo film.
Le zone proibite.
Le giostre abbandonate.
La terra oltraggiata.
Perché Cernobil è un disastro senza fine e le radiazioni continuano la loro lenta opera di distruzione ben oltre il sarcofago invisibile.
E questo fa di Cernobil un moderno inferno, abitato da demoni invisibili, in uno spazio delimitato da un tempo immobile.

Il trailer:

Stellette? 7 su 10

Love and Bruises

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Lou Ye
Francia
105 minuti

Hua è appena stata lasciata dal compagno e riversa la sua disperazione per le strade della Parigi in cui ha da poco iniziato ad insegnare.
Niente sembra sollevarla fino all’arrivo dell’operaio Mathieu che la colpirà casualmente con una mazzetta di tubi innocenti in pieno volto.
Il ragazzo la aiuterà a riprendersi, si scuserà, le offrirà da bere, si scuserà di nuovo.
La inviterà a passare la serata insieme, e al di lei “No, grazie”, la violenterà in un angolo.
non si scuserà.
Quali basi migliori per dimenticare la precedente storia d’amore ed iniziarne una nuova?
Questo l’incipit di Love & Bruises in cui la tormentata storia tra i due è il veicolo per raccontare il bisogno di stare insieme che ci contraddistingue.
Non è importante il contesto sociale, Hua si muove tra le classi più basse e quelle più alte, tra gli intellettuali e chi ha appena la licenza media. I parigini e i suoi conterranei di Pechino.
Chi la venera e chi la umilia.
Tra le carezze e i lividi. La paura e la tenerezza.
E tra questi estremi, il suo corpo usato come volontà e rappresentazione per siglare il passaggio obbligato per arrivare a provare qualcosa. Se i toni dello script sono altalenanti, discontinui e alternano momenti veramente buoni (tutto il primo atto) ad altri in cui sembra girare a vuoto (la mole di trame aperte, a totale servizio di un sottotesto già ampiamente esplicitato, la tematica, non propriamente inedita) la regia, tutta incentrata sui due attori in stato di grazia, è invece salda, accurata e ben concentrata su quello che maggiormente interessa a Ye: mostrarci la purezza di quell’anima, che i due personaggi, tra di loro, sembrano non riuscire a raggiungere mai.

Il trailer:

Stellette? 7 su 10

Cafe de flore

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Jean Marc Vallée
Canada
120 minuti

Jean Marc Vallée non si limita a seminare aspettative o a intessere microtrame tra le trame, ma gioca con lo spettatore instillando, sin dal principio, un senso di attesa, tra l’angoscia e la meraviglia, dell’attimo in cui tutto deflagrerà. Conduce la narrazione esattamente come Antoine (l’esordiente Kevin Parent) alterna il passaggio tra un brano musicale e l’altro nelle sue serate da DJ. Interrompendolo. Attirando l’attenzione del pubblico. Rischiando i fischi e raccogliendo applausi per raccontare le vite parallele di Antoine e Jaqueline.
Il primo è l’uomo che ha tutto: lanciatissimo nella sua carriera in campo musicale, felicemente innamorato – e ricambiato – dalla sua anima gemella, due figlie che lo adorano, genitori ancora in vita. La seconda (una straordinaria Vanessa Paradis), dopo aver dato alla luce un figlio affetto da sindrome di Down decide di dedicare ogni suo sforzo nell’impresa di fargli vivere una vita normale. Il primo vive a Montreal ma viaggia da un continente all’altro per far ballare il mondo. La seconda vive nella parigi del 1969.
Tra di loro, l’amore di due adolescenti della seconda metà degli anni ’80. Due ragazzi consacrati alla musica – in particolare alla new wave inglese – e a quello che provano l’uno verso l’altra. E la musica, quella suonata da Antoine, cantata da Jaqueline e ascoltata dai due ragazzi, accompagna la scansione narrativa dei loro rispettivi percorsi.

Café del Flore ha l’immenso pregio, soprattutto, di smarcarsi da tutti quei vicoli ciechi che si potrebbero ipotizzare alla visione del trailer (il pietismo verso la malattia, l’epica dell’amore adolescente, l’ameliesmo del personaggio di Jaqueline, l’autorialismo francese) trasformandoli nell’unica strada percorribile per raggiungere quella serenità a cui tutti ambiamo, di cui tutti abbiamo bisogno.

Quella serenità che può sembrare necessità di assoluzione ma è solo richiesta di pace.

In una frase: uno dei miei film preferiti degli ultimi anni.

Il trailer:

Stellette? 10 su 10

 

E con l’edizione 2011 mi fermo qui. Altri film belli belli sono usciti in sala, altri li reperite facilmente in dvd. Per questi rischiate di faticare un po’, ma troverete qualcosa di speciale in ognuno di loro.
Buona visione.

 

6 commenti

  1. Francesco -

    Grazie mille.

  2. Mauro -

    Dovere! U_U

  3. lerio -

    Intanto grazie. Ma farai una carrellata simile anche dei due anni successivi?

  4. Mauro -

    Yep! Domani e dopodomani!

  5. lerio -

    Ottimo! Grazie ancora, prenderò appunti 🙂

  6. anna marie -

    Uau!! bellissima selezione! Grazie!

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