Fumettology: intervista ad Alessio Danesi.

10 gennaio 2013 da Mauro

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Le persone che conosciamo da tanto tempo sono quelle su cui ci sbilanciamo meno. Quelle a cui facciamo i complimenti per ultimi. Quelle a cui diamo pareri ponderati. Quelle con cui rimandiamo perché tanto lo facciamo la prossima volta. E’ scontato.

Alessio Danesi è stata la prima persona a parlarmi dell’ipotesi di una trasmissione dedicata ai personaggi iconici del fumetto popolare italiano. E’ stata la prima persona a parlarmi di Fumettology. E’ stata la persona che mi ha chiamato per coinvolgermi nella puntata dedicata a John Doe. E’ stata la persona che mi ha intervistato.

Ma siccome io e Alessio ci conosciamo da quando la nostra età aveva come prima cifra un bell’uno e con lui ho condiviso viaggi, serate, concerti e santi stefani, quando ho realizzato un’intervista agli autori di Fumettology ho parlato con tutti tranne che con lui.

Bravo stronzo amico!

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E’ per questo che prendendo la palla al balzo della puntata di Fumettology che andrà in onda stasera e sarà dedicata al mio personaggio preferito di sempre, ne approfitto per scambiare quattro chiacchiere proprio con lui.

Da quando ci conosciamo siamo accomunati da una caratteristica ricorrente (o una maledizione, vedi tu!) ossia quella di trovarci a fare lavori sempre nuovi, sempre diversi. Io a cavallo tra un medium e l’altro per poter raccontare, tu donandoti anima e corpo al fumetto per attraversarne tutte le professioni della filiera produttiva. Sei stato sceneggiatore, traduttore e managing editor e direttore editoriale, seguendo un percorso che dal tuo paese d’origine ti ha portato alla ribalta in Italia, poi in Europa e adesso alla conquista del mondo. Fossi uno di quegli scienziati pazzi della E.C. Comics adesso non ti resterebbe che distruggerlo ma forse hai dei piani diversi. Raccontami un po’ di questo percorso. Di come hai iniziato e di come hai, via via, modificato i tuoi obiettivi fino al raggiungimento della tua posizione attuale.

Sono il direttore editoriale della RW-Lion, che è la casa editrice di Batman e Superman in Italia, e ne decido la programmazione editoriale. Collaboro inoltre con XL di Repubblica e con Fish-Eye. Ho sceneggiato fumetti e fotoromanzi. Ho curato collane di allegati editoriali come Maestri del Fumetto e Batman La leggenda. Ho letto più fumetti di quanto sia umanamente possibile.

A questo aggiungici una certa irrequietezza: mi piacciono tante cose e credo che sia possibile vivere (nel senso di “guadagnarsi da vivere”) delle passioni che si hanno. Oltre al fumetto, adoro il cinema, la cucina, la politica. Amo le storie e credo di avere la capacità di trovarle. Ho sempre sentito l’esigenza di comunicare agli altri ciò che mi piace. Ho un approccio futurologico. Analizzo quello che faccio e provo a capire dove mi potrebbe portare tra due, tre, cinque, dieci anni. Non vivo tranquillamente l’oggi. Diciamo che faccio l’esatto contrario di quello che consigliano i due più importanti filosofi dei nostri tempi, Yoda e John Lennon.

 

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Probabilmente è proprio perché hai esplorato il fumetto attraverso i suoi ambiti molteplici che hai deciso che fosse arrivato il momento di poterlo raccontare. Cosa c’è alla base di Fumettology?

Qualcuno ti ha mai raccontato la vera storia di G.L. e Sergio Bonelli o delle Giussani? Cosa succedeva a Crepax nella Milano degli anni 60? I legami tra l’ebraismo e Max Fridman? Oppure le battaglie sociali di Lupo Alberto e i dolori del giovane Sclavi? Hai mai visto uccidere la fantascienza dal futuro in Nathan Never? Io tutte queste storie le ho ascoltate, negli anni, da autori, redattori, persino dai lettori e le ho raccolte. Mi è sembrato naturale cercare di convincere una società di produzione a realizzare un programma tv non sulla “Storia del fumetto”, ma sulle storie e le persone che vivono tra una pagina e l’altra, cercando di far riscoprire all’Italia non il mito del fumetto, ma il mito del fare fumetto.

Com’è nata la tua collaborazione coi ragazzi della Fish-Eye?

Sono cresciuto assieme a uno dei soci di Fish-Eye e regista di fumettology, Dario Marani. Abbiamo cominciato a leggere fumetti e a vedere film praticamente insieme. Poi ognuno di noi si è scelto ciò che gli piaceva di più e lo ha trasformato in lavoro. Parliamo di questo progetto da anni, facendo scalette, selezionando personaggi e autori e, appena ci sono state le condizioni, siamo partiti avendo al nostro fianco due compagni di viaggi e alleati straordinari, Clarissa e Alessio Guerrini.

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Durante la realizzazione delle puntate sei entrato in contatto con maestri del fumetto italiano che probabilmente già conoscevi di persona e che forse hai visto attraverso una luce nuova. Quali sono le figure che ti hanno colpito maggiormente e per quale motivo?

Stare con ognuno di loro per tre ore o più (perché ogni intervista tanto è durata!!!) mi ha fatto capire una cosa. Il popolo dei fumettisti ha una grande umanità e riesce come pochi a comunicarla attraverso il proprio lavoro. E’ stata una grande soddisfazione avere la consapevolezza di fare parte di questa tribù. Ho adorato Claudio Villa, perché è la persona di talento più umile che io abbia mai incontrato. Giuseppe Palumbo, perché sa farsi volere bene (anche dalla telecamera). Uno di quelli con il cuore al posto giusto. Gallieno Ferri, perché mi ha fatto capire la differenza tra la leggenda e la storia. Tra quelli che non conoscevo: la redazione di Lupo Alberto, veri custodi della fede del Lupo blu e Antonio Serra, con il quale mi sono accorto di condividere lo stesso approccio critico al fumetto e al suo mondo. Ah… e Alfredo Castelli. Se Sergio Bonelli è (è, non era) il padre del fumetto italiano, Alfredo ne è sicuramente lo zio! Un esempio per chi vorrebbe migliorare questo mondo.

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Stasera andrà in onda la puntata legata al mio personaggio dei fumetti preferito: Zagor. A parte invidiarti a bestia per aver trascorso tutto quel tempo con lo staff realizzativo e aver avuto modo di vedere il maestro Ferri all’opera direttamente al suo tavolo di lavoro, mi racconti com’è stato approcciare Zagor e il suo mondo? Che impressione vi hanno fatto i suoi autori? Credo si percepisca, molto più rispetto ad altre icone del fumetto italiano, che chi fa parte di quello staff si sente orgoglioso di portare avanti una missione insieme ad un gruppo di amici. Hai avuto la stessa impressione anche tu?

Ti capisco, anch’io invidio me stesso! Non mi sembra possibile avere partecipato a questa Avventura!

Quello che dici è perfettamente condivisibile: non puoi lavorare a Zagor senza essere infatuato di Zagor. Devi essere un devoto per approcciarti al mito del Re di Darkwood. Zagor è forse l’unico fumetto italiano popolare prima di Dylan Dog ad avere più piani di lettura: può essere apprezzato da un bambino come da un adulto. Non pretende controllo e consapevolezza da parte del lettore: se vuoi vedere Zagor “solo” come un bravo ragazzo che vaga nella foresta di liana in liana, puoi farlo. Ma se vuoi approfondire davanti a te di dispiegherà un mondo! Faccio un esempio: Zagor ha molto successo nei paesi che hanno combattutouna guerra civile (Italia, Balcani, Turchia): pensate sia un caso? Provate a pensare al ruolo dello spirito con la scure come pacificatore delle varie etnie di Darkwood e unite i puntini.

Zagor è come i Simpsons! Anzi, i Simpons sono come Zagor! è un personaggio che solo apparentemente può apparire assemblato in maniera casuale da Nolitta sfruttando le sue suggestioni adolescenziali. In realtà è frutto di un approccio postmodernista in cui tutto DEVE essere frullato assieme. Orrore, dramma, avventura, super-eromismo, conflitti, persino politica, Nolitta riusciva a nascondere in quelle pagine tutto quello che una mente irrequieta come la sua riusciva a intercettare. Non ci vuole solo passione per scrivere e disegnare oggi Zagor, bisogna esserci nati. Nella puntata si capisce una cosa degli autori zagoriani: da Ferri a Boselli, a Burattini, a Verni e Laurenti, tutti, TUTTI, hanno un sincero rispetto per Zagor. Puoi parlare male di Dylan Dog, dicendo che è insicuro e pieno di fobie, e puoi criticare Tex, perché molti lo vedono come uno sbirro un po’ troppo autoritario. Ma non puoi parlare male di Zagor. Se lo conosci, non ce la fai. è più forte di te. Perché Zagor è un personaggio sincero. Vero.

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Nell’episodio viene ribadita l’attualità di un personaggio come Zagor che fa del suo postmodernismo originale un punto di forza assoluto che gli permette di non invecchiare e risultare sempre fresco (laddove il postmodernismo di John Doe è allo stesso tempo causa della sua vita e della sua morte). Nel Tom Strong di Alan Moore ho riconosciuto, trasposto nel ventunesimo secolo, quella spinta iniziale di Nolitta nel far coincidere, in un unico calderone, tutte le suggestioni della narrativa alta a braccetto con quella a buon mercato, senza distinzione alcuna tra cinema, fumetto e letteratura. Qual è la tua opinione in merito riguardo al personaggio e alle sue origini?

All’inizio, Zagor nasce perché Nolitta, essendo non solo un appassionato di fumetti, ma anche un appassionato di disegnatori, NON vuole assolutamente lasciarsi scappare l’occasione di lavorare con un giovane maestro dell’epoca: Fergal/Ferri Gallieno. Bonelli crea il personaggio e poi quasi lo abbandona alle mani sapienti di Ferri. Passato qualche tempo, Bonelli riprende il personaggio e ne ricomincia a scrivere le storie. Come se avesse voluto cominciare la sua avventura zagoriana, solo una volta pronto. Nonostante l’inesperienza, però, Nolitta aveva già compiuto scelte importanti nell’economia del personaggio che gli avrebbero consentito di NON avere problemi a scriverlo. Aveva infatti avuto l’intuizione di creare un mondo assolutamente libero da vincoli in senso assoluto (perdonami la ridondanza). E alla fine ha fatto di Zagor un alfiere del POP.

Zagor è Pop quanto Lansdale, Newman, Pratchett, ma prima della nascita di tutti questi straordinari scrittori.

Nolitta decide di inserire in Zagor tutto ciò che adorava in un collage narrativo che è anche un monumento alla cultura di uno degli intellettuali più importanti che la nostra nazione abbia mai avuto. E secondo me oggi Zagor deve raccontare ciò che piace ai suoi autori, che sono anche i suoi primi lettori, in un gioco di specchi continuo.

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C’è una puntata di Fumettology che ti sta particolarmente a cuore?

Diabolik e Zagor. Sicuramente. Tutte e due le puntate riescono a stabilire un legame tra il mondo reale e quello del fumetto.

Entrambe hanno poi una caratteristica comune: riescono a comunicare tutta l’umanità e la complessità del nostro mondo di carta. Io tendo ad avere un approccio militante alla cultura del fumetto e spero che questo programma televisivo riesca ad ampliarne un po’ la percezione, e credo che, con le puntate di Diabolik e Zagor, ci siamo riusciti perfettamente. Per me era importante parlare di fumetti in televisione nei termini in cui Fumettology lo sta facendo.

L’icona che è rimasta fuori e che avresti voluto con tutto te stesso?

Zanardi. Voglio molto bene al lavoro di Pazienza e sono amico di Marina Comandini. Sarebbe stato bello fare una puntata su Zanna, Colas e Petrilli. Anche se, secondo me, è tempo di realizzare proprio una serie televisiva su Zanardi, e non solo una puntata su Fumettology!

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Condivido. Anche se ambientandola oggi, nei licei italiani, io per il ruolo di Zanardi sceglierei UNA adolescente.

E su questo pensiero, vi ricordo che stasera, per voi fortunelli che siete in Italia, alle ore 22.50 andrà in onda su Rai 5 la puntata di Fumettology dedicata a Zagor.

Guardatela e innamoratevi anche voi di questo personaggio senza tempo.

2 commenti

  1. michele -

    Certo, noi fortunelli che siamo qui in Italia la guarderemo senz’altro, mentre tu, poveretto, stai andando ad uccidere il Colonnello Kurtz.
    Buon viaggio cari, davvero vi invidio.

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