Six Days Under.

21 novembre 2012 da Mauro

Ci sono voluti sette anni dalla sua conclusione e l’insistenza continua di Ivan & Solina e l’appoggio di Meme per farmi vedere Six Feet Under. 


Non che avessi qualcosa contro questa serie, anzi. Avevo visto la prima stagione e l’avevo adorata, ma sulla seconda il mio interesse era calato e non ero mai ritornato sui miei passi.

Col senno di poi capisco che non era il momento.

Six Feet Under è il più grande affresco mai realizzato su cosa sono oggi l’uomo e la donna.

Cosa sono nel momento in cui si uniscono e si dividono.
Cosa sono al cospetto della famiglia, delle amicizie, della paternità, della maternità, della vita e della morte.

Ci mette davanti a ciò che siamo e non limitandosi a farci da specchio, ci mostra anche ciò che sono gli altri e quanto ogni cosa sia conseguenza ma quasi niente una risoluzione.

Alan Ball e il suo gruppo di geniali sceneggiatori non ci fanno domande e non si preoccupano di darci delle risposte. Si limitano a mettere in scena uno spettacolo che dura cinque anni e ne dura anche cento.

Uno spettacolo che non aveva precedenti e che ha inciso profondamente nel linguaggio delle serie tv, cambiandolo e aggiornandolo come il cinema non è ancora riuscito a fare.

Uno spettacolo composto da attori capaci non solo di crescere coi loro personaggi, ma di incarnarli e donargli anima e corpo al punto da rendere impossibile la scissione tra l’uno e l’altro.

Uno spettacolo in cui ogni canzone scelta fotografa il momento rendendolo universale e sottolineandone l’unicità.
Ci riescono i Radiohead, ci riescono gli Arcade Fire ma soprattutto ci riesce Sia, a cui vengono affidati i sei minuti e trenta della conclusione dell’ultima puntata.

Sei minuti e trenta di ininterrotta commozione, gioia e malinconica serenità.

Questi sei minuti e trenta qui:

(guardateli solo se già avete visto tutte le puntate, altrimenti spoiler come se piovessero)

E a causa di quei sei minuti e trenta e di cinque stagioni che, tra alti e bassi, mi hanno detto tutto quello che non avevo il coraggio di ammettere, ho passato gli ultimi sei giorni della mia vita immobilizzato sul letto.

Mai successo prima che un prodotto di fiction riuscisse ad essere così penetrante da rendermi incapace di alzarmi, di scrivere, di muovermi e di lasciarmi solo con il soffitto e i suoi puntini neri, nascosti dal bianco.

Mi rendo conto che a guardarmi da fuori sembro decisamente  scemo, ma è perché, voi che mi guardate da fuori, non avete visto le cinque stagioni di Six Feet Under, altrimenti mi chiedereste di farvi posto per mettervi a guardare il soffitto insieme a me.

Mai successo prima, dicevo.  E questa, come ogni cosa nuova, è una cosa importante.

Ma adesso è il momento di alzarsi e ricominciare a fare.

Con consapevolezza.

Everything.
Everyone.
Everywhere.

Ends.

 

 

5 commenti

  1. [emo] -

    Se ti chiedo di farmi posto sembra equivoco?

  2. Solange -

    Che bello, sono proprio contenta! Ti abbacio. 🙂

  3. stefano -

    Ciao,

    informazione pratica: esiste anche in Italia un cofanetto con tutte le stagioni? grazie.

    Stefano.

  4. Mauro -

    purtroppo no.

  5. Stefano -

    Mauro,

    sono quello che ti ha chiesto del cofanetto, appena qui sopra. Ecco ho finito di vedere le cinque stagioni. E le parole del tuo post le condivido dalla prima all’ ultima. Ti devo ringraziare per avermi incuriosito e fatto scoprire questo splendido ed importante “prodotto di fiction”. Ed ora mi metto a guardare un po’ il soffitto 🙂

    Stefano

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