The Dark Side of the Sun: intervista a LRNZ.

3 novembre 2011 da Mauro

Ho sentito parlare per la prima volta di The Dark side of the sun per diretta voce di Carlo Hintermann, regista e motore primario del progetto (insieme al produttore, per Citrullo International, Daniele Villa), un paio d’anni fa.
Era alla ricerca di animatori tradizionali e io l’avevo indirizzato verso due colleghi.
In quel pranzo mi raccontò per filo e per segno le peripezie che stava attraversando per riuscire a realizzare un film in cui credeva con tutto sé stesso.
Mi parlò dei bambini di Camp Sundown, mi parlò del gran lavoro che Lorenzo Ceccotti – in arte LRNZ – stava facendo sull’animazione.
Mi parlò delle emittenti televisive che l’avevano opzionato e delle migliaia di difficoltà in cui si andava incontro realizzando un progetto di quella portata in (quasi) completa autogestione.

Ero fottuto.
Mi sembrava miracoloso che una roba simile venisse sviluppata da un’equipe totalmente italiana e, per di più, a pochi passi da casa mia.
In un piccolo studio dietro il Cinema Aquila, al Pigneto, una manciata di ragazzi stava sfidando il tempo, lavorando notte e giorno, mantenendo come benchmark qualitativo soltanto la piena soddisfazione per ogni scena realizzata. Un concetto quasi commovente se rapportato all’odierna animazione tradizionale italiana.
Aderii al progetto sposandone immediatamente la causa e, da quel momento, gli incontri con Carlo, Daniele e LRNZ – che allora conoscevo soltanto di fama – iniziarono a farsi più frequenti, fino a quando non divenni produttore associato del film.

Oggi, The Dark Side of the sun viene proiettato finalmente al pubblico nella cornice del Festival del Cinema di Roma.
Godetevi il trailer:

Da quel primo pranzo in via della Bufalotta sono successe cose divertenti – quando non proprio divertenti, talmente interessanti che sono servite ad unirci maggiormente sotto il profilo professionale ma soprattutto sotto quello umano –  ma ci saranno altri momenti per raccontarle.
Oggi vi mostro una chiacchierata avvenuta questa notte con Lorenzo, che – ve lo ricordo – del film è regista di tutto il versante animato, nonché direttore artistico e dell’animazione.

3 novembre 2011.
Ore 3.24

Io: Ao, finito adesso di lavorare. Sto a casa di Roberto e c’è pure Federico. Usciamo?
LRNZ: Ma ora?
Io: eh.

Ore 3.25
LRNZ: Magari! Il problema è che domani alle nove inizio un oryuken di interviste che finisce alle 7.  E devo ancora finire di firmare dumila carte che attestano che sono proprio io. Un usanza bizzarra del Festival del cinema di Roma! Se vuoi skype quando vuoi ma uscire vorrebbe dire la morte.
Io: Quindi se ti faccio tre domande che metto domattina sul blog per promuovere l’uscita del film, non mi defechi, vè?

Ore 3.26
LRNZ: Ti defeco eccome, ma ho la “e” rotta, quindi occhio ai refusi!


Io: Io avevo rotto la “q” e quindi capirai che la tastiera è rimasta così per mesi prima che facessi qualcosa. Comunque, domani sera il film viene proiettato. Il motivo per cui te la stai più facendo sotto qual è?

Ore 3.32
LRNZ: Farmela sotto, no. Certo ci sono dei problemi. In primis la qualità del mio lavoro, che sono perfettamente cosciente non essere all’altezza del progetto. Per quante toppe puoi mettere, per quanto ti puoi nascondere, certi limiti si vedono, e parecchio.
Non me ne faccio una colpa eh, sia chiaro. Ho fatto quello che potevo e lo sai bene. E’ che proprio non sono soddisfatto del risultato. Io vivo nel cercare di soddisfare delle mie pretese assurde di qualità impossibile, sempre.
Facile rimanere delusi su un progetto tanto più complesso di qualunque cosa abbia mai fatto in vita. Me la sono fatta sotto quando è stata fatta la prima proiezione a Camp Sundown, li sì, assolutamente.
Fallire in quella circostanza sarebbe stato irreparabile, sarei morto di vergogna. E invece tutti contenti.
Detto ciò, non mi preoccupa il giudizio di nessun altro, so già che a qualcuno piacerà, a qualcun altro no. E’ normale.

Ore 3.35
Io: Bhé, la convinzione di aver fatto tutto quel che si poteva mi sembra già un obiettivo complesso da raggiungere. Un miracolo, una chimera che dev’essere bello arrivare anche solo a sfiorare. Come si raggiunge un traguardo simile?

Ore 3.36
LRNZ: Senza mai dormire, credo.

Ore 3.38
Io: Bhé, la notte è mamma calma, amante stronza e amica fidata di chi fa il nostro lavoro. Come sono state le tue notti per The Dark Side of the Sun? Quello a cui assistevo io quando ti passavo a trovare nel piccolo studio che avevate allestito era la norma?

Ore 3.45
LRNZ: Oddio, sono onesto: una tragedia di norma. Abbiamo avuto una serie di scadenze quotidiane severe. Severissime.
Fra i 10 e i 15 secondi di animazione al giorno da consegnare. La notte ad un certo punto è diventata il sinonimo di un imbroglio collettivo, uno sporco trucco per riuscire a mantenere le promesse. Qualunque scadenza valutata per il giorno diventava rispettata solo per il fatto che c’era pure la notte disponibile. Le nottate si sono trasformate nel muro dove ti becchi con i compagni di classe per copiare i compiti prima di entrare a scuola.
Aggiungici il fatto che da gennaio a giugno non sono mai tornato a casa, ho molestato tutti gli amici in zona Pigneto (dove avevamo lo studio) occupando pavimenti, divani, lettiere per gatti.
Poi ho comprato un lettino pieghevole, sono ingrassato 8 chili e ho distrutto il mio metabolismo.
A quel punto è arrivata l’abnegazione monastica, il bucato a mano, in studio. Mutande appese ovunque.
Affacciarsi nudo la mattina dopo potenti docce che si svolgevano in un lavandino (piccolo).
Le signore ultra sessantenni dirimpettaie, di paesi matti sconosciuti, contentissime. Bello eh, ma un giorno di più e sarei morto.

Ore 3.48
Io: Abbiamo iniziato con l’arrivo, torniamo alla partenza: dove, come e quando hai sentito parlare per la prima volta di The Dark Side of the Sun?

Ore 3.58
LRNZ: Carlo Shalom Hintermann, diventato mio amico dopo diverse collaborazioni – mi vengono in mente h2o

chatzer

e Sid&Bob in Videoland

mi ha chiesto di valutare una collaborazione su un progetto lungo.
Mi ha descritto la cosa e siamo partiti con un idea molto diversa di quello che sarebbe poi stato il risultato finale. L’animazione doveva limitarsi ad un’integrazione al girato dove fosse possibile esaltare alcune scene di gioco all’aperto, altrimenti problematiche da rappresentare con le sole riprese live, proprio a causa dei severissimi limiti di illuminazione del set imposti dall’XP.
Ne è venuto fuori questo piccolo promo realizzato in 5 giorni:

Da lì in avanti il passo è stato breve. Sia io che Carlo ci siamo resi conto che era opportuno approfondire le possibilità di un’impostazione narrativa complessa come l’animazione, facendole riconoscere una dignità maggiore, che non restasse stretta nell’ambito dei piccoli stacchi integrativi, ma che venisse usata per raccontare un vero e proprio universo parlallelo autosufficiente.
E’ interessante ricordare che il film ha inizialmente ricevuto delle risposte tiepidine (eufemismo totale) da parte dei produttori televisivi, questo – lo ammetto – fece calare la mia attenzione sul progetto.
Carlo dal canto suo, non si lasciò abbattere e insistette talmente a lungo che quando tornò da me con una prima proposta di produzione da NHK
, io mi ero quasi dimenticato della cosa.
E’ stato uno shock realizzare che stavamo veramente per farlo. M’è cambiato tutto. Io sono un autarchico e di norma faccio 35 cose diversissime e contemporaneamente, in questo caso, per la prima volta, mi occupai sempre di 35 cose diversissime e contemporaneamente, focalizzandole però su un unico obiettivo. Occuparsi di tutti gli aspetti, curando ogni cosa dall’ideazione alla realizzazione di un solo e unico progetto è stato liberatorio, mai successo prima. Mi ha aperto la testa su quello che voglio fare nella vita.
Anzi COME lo voglio fare: concentrato.

Ore 4.01
LRNZ: Intanto ti segnalo che sono le 4.

Ore 4.02
Io: Lo dicevamo prima, no? Dormire mai! Mi spieghi perché si fanno mille cose? Un giorno mi rispondo dando la colpa al “precariato” italico che in un certo senso ci costringe a diversificare e declinare i nostri talenti all’inseguimento del posto che ci porta da una parte a mangiare, dall’altra a metterci alla prova su chi siamo e cosa vogliamo. Altre volte invece mi convinco abbia a che fare con una certa logorrea comunicativa ed emotiva che ci porta a volerci esprimere con mille voci per ottenere consensi e attenzioni diverse. Tu che saltelli tra i media come se lavorassi con la riproduzione casuale di iTunes attivata, perché lo fai?

Ore 4.10
LRNZ: Il discorso che fai è intelligente. Ed è importante.
Lo è stato ancora di piu’ negli ultimi anni ’90 dove tutti si sono inventati un mestiere grazie al digitale.
Ma per me non è così. Ogni cosa ha il suo motivo. Ti faccio un esempio. Suonare è una cosa che faccio perchè mi fa stare bene. Mi diverte, mi rilassa, è come massaggiarsi il cervello. Cosa che quando disegno non avviene affatto.
Entro ancora più nel dettaglio: quando disegno un’illustrazione sto cercando di imbrigliare un’istante o un costrutto epigrammatico, o epico/titanico come vuoi tu, in cui il prima e il dopo non sono rilevanti. Ho un problema da risolvere ecco, tutt’altro che rilassante.
Quando faccio i fumetti, invece, il prima e il dopo sono l’oggetto delle mie attenzioni.
In un film il movimento, l’immersione, la musica, la luce diventano il motivo di impegnarsi e non lo strumento, sono l’obiettivo.
So perfettamente che spendersi su tanti fronti è un male. Non si fa bene nulla, forse. Però è anche vero che ogni esperienza in un medium diverso genera una maggiore consapevolezza dei pregi e dei difetti di tutti gli altri. Vado dove vedo la possibilità di procurarmi la bellezza, fosse pure da solo: a quel motto che ognuno è artefice del suo destino io ci credo proprio.
Non ci credo nella volontà lucida, ma intendo dire che bisogna essere capaci di catturare la vita che costantemente ci attraversa, e distillarla come un altoforno. Alcune parti finiscono piu’ in alto altre più in basso, ognuna deve incontrare il suo alloggio migliore, nel migliore dei medium se sei un artista.
Dovrebbe essre così perlomeno. Poi riuscirci è tutto un altro paio di maniche. Non so se si capisce.

Ore 4.15
Io: Si capisce decisamente. E a proposito, sei uno dei pochi che conosco che ritiene impensabile non coniugare l’aspetto artistico con quello produttivo.
Mi parli del sistema che hai messo su per realizzare le animazioni del film? A chi ti ispiravi, cosa volevi ottenere e come l’hai messo in pratica?

Ore 4.26
LRNZ: Ho passato due mesi a definire ogni singolo aspetto della pipeline tecnica.
La tecnica è il 99% del mio lavoro. Definire il medium e come usarlo è tutt’uno con l’atto di creare materialmente la cosa.
La mia esperienza con i videogiochi e l’interattivo in genere, essendo partita in tempi remoti con limitazioni pazzesche, mi ha fatto allenare la parte del cervello in cui si risolvono i problemi e si fa in modo che quella informazione che tanto ti torchia, in qualche modo, riesca comunque a passare. Costi quel che costi.
Tim Follin con un cicalino dello spectrum zx48k (quello monocorde che hanno gli orologi da polso per capirci) faceva cose così:

S’è inventato un sistema di “retini” audio per avere la polifonia con uno strumento che è tecnicamente incapace di suonare due cose contemporaneamente.
Un bit. Bianco o nero. Suonare o stare zitti.
Eppure il pezzo che t’ho allegato è un brano prog anni ’70 con mille membri della band tutti a fare la loro cosa.
Se hai otto anni anni quando scopri che quel ragazzino inglese di sedici si è spinto così in la’ col cervello (e ti ricordo che all’epoca: no internet, no documentazione. Dalla campagna ha inventato un nuovo modo di fare musica) è impossibile non appassionarsi alla questione tecnica nell’arte.
Ora mi piace inventarmi un sistema espressivo da zero ogni volta che devo esprimere una cosa nuova. Ma è proprio logico se ci pensi.
Perché usare sempre lostesso sitema, lo stesso codice se gli obiettivi cambiano? Amo l’animazione procedurale, i sistemi di automatizzazione del digitale. Ma per questo film io ho scelto di abbracciare l’animazione limitata giapponese, ci ho provato per lo meno. Dove col minimo sforzo si ottiene il massimo. Dove il montaggio, ellittico, fa lavorare la testa dello spettatore.
Makoto Shinkai
è stato un punto di riferimento importantissimo. Dosare il segnale con una cura maniacale al risparmio delle energie è stato come fare una maratona in cui ogni muscolo devi amministrarlo per avere la massima resistenza nel tempo.
E’ un arte marziale quella di usare il minimo sforzo per ottenere il massimo danno. Senza perdere di vista gli obiettivi poi.
Chiaro che questo film poteva essere molto meno complesso figurativamente, ma sarebbe venuto meno ai suoi obiettivi (vedi la risposta di prima). La tecnica ad ogni modo è stata semplice. Photoshop + after effects per il grosso del lavoro, con flash che ci dava una timeline con un controllo maggiore sul foglio macchina, comodissimo per fare i rough. Tutto rigorosamente Paperless per poter passare dallo storyboard al definitivo senza soffrire mai dei passaggi tra supporti diversi.
Lo studio iniziale E’ lo stesso file che diverrà il definitivo. La qualità del segno sul singolo disegno (photoshop rimane uno strumento fenomenale per il disegno e la customizzazione dei brush), e la facilità di integrazione e compositing grazie ad After FX, Con un occhio di riguardo alla qualità degli sfondi, sono stati gli altri motivi di una soluzione simile.
Ripeto, massimo danno col minimo sforzo (quando dico minimo intendo = senza fallire pur avendo risorse limitatissime).
Sono stanco e ho la sveglia tra tre ore, ma se riesci a sistemarlo sono felice.

Alla fine c’è stato poco da sistemare e quello che rimane sono le parole di Lorenzo.
Preziose ogni giorno, da rileggere e tatuarsi per coglierne a fondo ogni singolo aspetto.

La prossima volta leggerete anche quelle di Carlo e Daniele, nel frattempo, inseguiteli, contattateli, fate il possibile per non perdere il loro lavoro.

6 commenti

  1. Giovanni -

    Bello!

  2. il decu -

    Sì, bello.

  3. spino -

    Ma non erano 3 domande? 😀

  4. Mattia -

    Ziochen, ma perchè Antony ci sta’ bene sempre…
    Grandi, Grandissimi…ed è tutto Italiano.

  5. The Passenger -

    yes!

  6. moricimarco -

    ciao mauro, era un pò che non visitavo il tuo blog…stasera ci torno ed ecco che mi imbatto subito in questa intervista a una persona che avevo sempre in mente di chiederti se lo consocevi ma mi dimenticavo sempre di chiedertelo. poi l’altro giorno mio fratello mi ha raccontato di essere andato al festival di roma a vedere la proiezione e allora mi è venuto in mente di vedere se ne parlavi sul tuo blog, e finalmente stasera mi sono ricordato di farlo…il tutto per il curioso caso che trattasi di mio cugino… mi madre e er padre so cugini carnali… mi nonna e er non ereno fratelli…piccolo il mondo eh!?
    salutamelo che sicuramente lo vedi più tu di me!

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