Di là dal vetro – Recensione.

2 settembre 2011 da Mauro

Mani nei capelli e sguardo basso.
“Come faccio a parlare male di uno scrittore che m’ha dato così tanto?”

Questo il mio pensiero al termine della visione dei 19′ diretti da Andrea Di Bari e prodotti dai Pastai Garofalo (si, proprio loro).

Ma andiamo con ordine. Cos’è Di là dal vetro?

In termini di scrittura è puro Erri De Luca.
C’è il ricordo. Ci sono le bombe. C’è la chiacchierata con la madre. C’è la poetica piccola. C’è il focolare. C’è la distanza. C’è la catarsi finale.

Ma quello che sulla carta avrebbe funzionato come al solito, trasposto sullo schermo si espone a tutta una serie di problemi che la regia approssimativa di Andrea di Bari non fa altro che accentuare.

Il tono. Enfatico, epico ed evocativo. Troppo “alto” per essere messo in scena, avrebbe beneficiato di un’interpretazione di sottrazione.
Dove la scrittura sale, l’attore avrebbe dovuto scendere.
E così il regista, che invece punta a soffermarsi sulle espressioni, indugia eccessivamente su de Luca e la Danieli e invece di aiutarli, esalta i loro difetti , mandandoli a 300 km orari contro un muro di cento vetrine da pomeriggio cinque.

Il montaggio, inizialmente interessante, spezzato e allo stesso tempo lineare, cambia presto registro, assestandosi su un’invisibilità non so quanto voluta. La fotografia rimane anonima e alterna cose molto buone (la stanza da letto) ad altre non del tutto a fuoco (la sala) come i piani tra i due personaggi, spesso sfocati senza che se ne comprenda la funzione narrativa.

E’ possibile quindi trovare qualche pregio in quest’opera proiettata nella giornata degli autori?

Si.
Queste pieghe e questi occhi fotografati fuori dalla sala:

che sanno raccontare come pochissimi altri.
Ma non ora, e non qui.

Lascia un commento