JD n.s.#3 – Commento dello sceneggiatore. 3 di 3.

17 febbraio 2011 da Mauro

Tavole 62 e 63
Le trasformazioni di Robin.


Come nel caso del Giardino dell’Ozio Suicida, sentivo la necessità di alleggerire un po’ i toni.
I primi due terzi dell’albo erano decisamente troppo “pregni” di roba ed in più venivamo da una sequenza emotivamente molto intensa.
Anche troppo.
Troppo epica, troppo viscerale, troppo pesante.
Dovevo alleggerire il tutto altrimenti mi sarei ritrovato incastrato nel bel mezzo di un recente album di Nada, bello i primi 20 minuti ma poi, amica mia, datte pace.

Nella prima versione durava una paginetta soltanto e mostrava giusto tre cambiamenti di look.
E’ stato Roberto, trovandola divertente, a suggerirmi di allungarla.
Oltretutto, nella vignetta con Robin zombie (mi faceva ridere l’assonanza con Rob Zombie), c’era una voce fuori campo di John che diceva: “Cerveeeeeelli” e Robin che gli rispondeva zombamente: “coglioooooone”.
Era un inside Joke tra me e Federico che si ostina a dire che gli zombi parlino e dicano “Cervelli”.
Per me, talebano del dogma romeriano, questa è pura blasfemia.
Alla fine è stata tolta perché fumettisticamente funzionava poco, servivano troppo le inflessioni vocali per far ridere, quindi sarebbe stata più adatta per un altro media rispetto al fumetto.

Ah. Robin viene trasformata anche in Alien.

Mio fetish che spero di inserire in tutto ciò che farò (ehi, sono riuscito ad infilarlo anche in winx 2!!!).

Tavole 64/70

Queste pagine erano l’ultimo scoglio da superare, poi sapevo che sarebbe stata tutta discesa.
Dovevo riprendere tutti i fili del discorso, riavvolgerli ad uso e consumo del lettore per ribadire lo status a cui finalmente eravamo arrivati, e darlo per assodato.
John lancia le ultime stoccate a Clint e finalmente lo convince.
Ma soprattutto, convince il lettore, che se non gli crede ora, non gli crederà più e riterrà questa storia pura immondizia.

La decisione di intervallare il confronto tra Clint e John, con i siparietti nel ristorante:

è uno stratagemma per rendere più vario il racconto.

Cosa far fare ai personaggi mentre parlano allo scopo di passare delle informazioni al lettore è una delle rogne maggiori quando si sceneggia un fumetto.

Ha fatto scuola la tecnica che Castelli usa su Martin Mystére quando il professore si ritrova nel suo studio al numero 3 di Washington Mews, ad ascoltare i lunghi resoconti dei suoi clienti.

Primo piano del cliente. Controcampo/piano d’ascolto su Martin, dettaglio dei fogli che il cliente agita per avvalorare la sua tesi, totale del salottino con tutti i personaggi, esterno casa di Martin con i dialoghi che escono dalla finestra. Arrivo di Java che grugnisce a qualcosa di particolare detto dal cliente.

Il tutto serve per variare, per dare quel movimento che nel cinema è dato per scontato ma nei fumetti va comunicato in altri modi.
Per cui, la scelta di spezzare l’ennesimo confronto, con una scenetta ambientata qualche ora dopo (ehi, un flashforward!), in cui c’è anche una piccola trama (Robin si ubriaca e si lascia andare), sicuramente terrà l’attenzione del lettore più alta, senza annoiarsi a seguire soltanto il filo principale.

E il Paradiso di Dante è insopportabile. Povero Dante, vittima della sindrome dei Pearl Jam. Un primo capitolo sconvolgente, poi tutto il resto, mai all’altezza.

Tavole 71/77

Clint annuncia alla troupe il cambiamento di direzione del film.
Ecco, una cosa del genere, su un set cinematografico, equivale a dire ai direttori di produzione che hanno perso contemporaneamente entrambi i genitori in un incidente aereo.

In un film tradizionale, i due poteri forti sono rappresentati dal team di produzione e da quello artistico.
Del primo fa parte chi mette e chi gestisce i soldi (produttori, produttori esecutivi, amministratori, distribuitori) quindi quelli che si preoccupano, budget alla mano, dell’effettiva realizzabilità del film, nei tempi adatti all’uscita in sala.
I secondi invece (regista, sceneggiatori, attori ecc) si preoccupano di tutto quello che ha a che fare con la qualità del film che si sta realizzando.
E’ chiaro quindi che per questi ultimi, il film sia un costante work in progress da migliorare continuamente, anche a repentaglio della sua chiusura, mentre per i primi (per i quali ogni singolo passaggio è parte di una filiera produttiva molto più ampia), l’importante è portare a casa il girato nel minor tempo possibile.

Intuite benissimo che è veramente difficile che tra i due reparti scorra buon sangue.

Nella mia esperienza ho avuto modo di lavorare con tante di queste persone, alcune cazzuterrime, altre meno, ma posso garantire che un buon direttore di produzione è l’elemento più importante che possiate trovare sul set.
Più del regista.
Più dello stesso produttore.

Ma in questa sequenza mi sono voluto sfogare un po’ per tutte le volte che non sono riuscito ad ottenere i cambiamenti che richiedevo riguardo una determinata sequenza e, per voce di Clint (uno che ritengo sia arrivato al punto di potersi comportare in quel modo – per quanto sgradevole possa sembrare), dico su carta quello che su un set vero e proprio non potrei mai permettermi di dire!

Si, sono un autore frustrato. Lasciatemi sfogare così.

La sboronata con l’attorucolo, Flò e Sarah serviva, da una parte per fare – per l’appunto – una sboronata in puro stile JD, secondo poi per iniziare a chiudere qualche arco.

Ogni personaggio che occupa un certo ruolo nella storia deve compiere un suo arco.
Deve necessariamente partire da un punto A e trovare, nello svolgimento del racconto, il suo punto B.
Per quanto semplice o elementare possa essere, la mancanza dell’arco, lascia nel lettore un vuoto che non sa spiegarsi e che riassume nella sua testa con un: “ma allora quel personaggio che ci stava a fare?”

Punto A: Sarah è la dura e tosta coordinatrice del film. Inizia dando del filo da torcere a John e vessa la povera assistente Flo. Per di più si tromba un attorucolo facendogli fare carriera.
Punto B: Sarah si ritrova che la produzione del film che stava seguendo viene stravolta e lei è fatta fuori, sostituita per lasciare il posto a Flo, che oltretutto gli frega l’attorucolo.

allo stesso tempo

Punto A: Flo è una vessata assistente di produzione, priva di carisma e alla mercè delle persone più scafate di lei, tra cui lo stesso John.
Punto B: Flo merita di salire di grado per via della gavetta fatta sul set.

Ma gli esempi potrebbero continuare con tutti i personaggi di contorno perché le loro sono mini storie nelle storie.

Un tale diceva che le trame devono concludersi in maniera speculare.

Quindi un racconto di 100 pagine, che avrà il suo centro a pagina 50, chiuderà a pagina 90 le trame aperte a pagina 10 e intorno a pagina 70 quelle aperte a pagina 30.
E così via.
Questo fa si che le mini trame aperte a metà racconto trovino una conclusione praticamente immediata qualche pagina dopo, ma soprattutto che la trama generale che inizia a pagina 1, trovi il suo compimento soltanto a pagina 100.

Questo è il consiglio che mi dò ogni giorno.
Avere troppa fame è la cosa che più mi spaventa. Il baratro in cui si rischia di cadere quando si è affamati.
Un consiglio per John, ma in realtà un monito per me.

Tavole 78/81

L’articolo di Robin.

I giochi erano finalmente fatti.
John aveva convinto Clint ed il film era partito. Finalmente, quello che era lo scopo che Robin s’era prefissata, era stato raggiunto.

A questo punto, avevo quindi due necessità: rimettere in scena la p.r. di John e premere il pulsante dell’avanti veloce sulla realizzazione del film.
Ho unito queste due esigenze utilizzando il blog di Robin come “voce narrante” e mostrando diverse vignette ambientate in giorni successivi a quanto raccontato finora.

In questo modo, velocemente, ho potuto saltare tutti i passaggi che mostravano John attore (faticosissimi da digerire per il lettore, per cui trattati velocemente al fine di evitare l’effetto “Barbie sub”, “Barbie grande attrice”), il suo training, e varie peripezie sul set.
Ed in più, concludendo il tutto con questa vignetta:

mettevo proprio la parola fine alla nostra storia.
Prima che il film fosse uscito, già era un successo di pubblico.
Robin aveva ottenuto quello che voleva.

Ma.

Ma.

Voglio dire, siamo a tavola 81, ne mancano ancora 13… possibile che la storia sia finita qui?
Ci interessava VERAMENTE raccontare questo?
E soprattutto, che fine ha fatto Andy che era scomparso dopo aver dato il consiglio a John?

Se lo chiede anche il nostro dio nelle

Tavole 82/84

in cui, in sole tre pagine, passo decisamente troppi concetti (colpa mia, ero arrivato lungo), ossia:
La scomparsa di Andy


(Earl & Crabman sono un gentile omaggio di Luca Maresca)

John Doe attore

e Clint che inizia il suo delirio mistico.

Delle tre, la prima ha avuto il suo spazio. La seconda, come già detto, meno ne aveva e meglio stavamo tutti, la terza è stata trattata superficialmente.
Niente da fare, mea culpa.
Dopo aver ammantato Clint di un’aurea così leggendaria, raccontare la sua conversione in così poco spazio, l’ha ridotto ad una macchietta.
Me ne rendo conto.
Ma ho confidato nella grossa emotività delle scene precedenti e soprattutto di quelle che sapevo stavano per arrivare, per sperare che il lettore non gli desse così tanta importanza.
Dopotutto, arrivati a questo punto, il mio interesse non era più tanto su Clint (che qui, in pratica, arrivava alla conclusione del suo arco) quanto su John, Andy, e quel lato umano che si stava rivelando come il vero protagonista di questa storia.

E in queste vignette:

è nascosto già tutto quello che dopo andremo ad esplicitare: Clint se ne frega di Andy (appunto, il lato umano dei suoi film) perché troppo preso dalla sua deriva mistica.
Questo fa scattare il quinto senso e mezzo di John.

Tavole 85/89

John si reca all’indirizzo di casa di Andy

trova la porta aperta, ed entra.

Ed eccoci finalmente davanti ad uno dei miei momenti preferiti di tutto l’albo.

Allora, arrivato a questo punto (quindi a poco più di 10 tavole alla fine dell’episodio), ancora non sapevo se Andy esisteva oppure no.
Una parte di me voleva una conclusione alla Sesto Senso, con il lettore che torna ad inizio albo e scopre che solo John ha parlato con Andy per tutta la storia. E quella parte ha fatto si che io tornassi indietro e modificassi un po’ di cosine già scritte.
Fortunatamente quella parte è stata zittita molto presto.
Alla fine i sestosensismi li odio abbastanza, per cui, era deciso: Andy avrebbe sì rappresentato il lato umano di ogni film di Eastwood, ma sarebbe anche stato un personaggio in carne ed ossa.
Per cui, Andy, in un certo modo, quando non stava nel limbo dei personaggi inutilizzati, esisteva in tutto e per tutto.

Detto ciò… detto ciò, il Limbo dei personaggi in attesa di nuovo utilizzo, il cimitero dei non esistenti, mica m’era ancora venuto in mente!

Il confronto tra John ed Andy doveva avvenire a casa della comparsa, ma non mi convinceva.
Basta con ‘ste chiacchierone tra due personaggi in un unico ambiente.
Dovevo inventare qualcosa.

E oltretutto sentivo l’esigenza forte di ricollegarmi in qualche modo alla copertina realizzata da Davide De Cubellis.

Si perché in tutto ciò, mentre Luca ed io ci facevamo il nostro bell’albetto, l’attuale copertinista più bravo d’Italia mi scriveva per avere qualche notizia in merito all’albo in modo da iniziare a pensare a come copertinarlo.

Quando anch’io, non è che ne sapessi molto più di lui, gli scrivevo ciò:

“L’uomo con la macchina da presa” è il terzo numero della nuova serie di John Doe.

Come per altri episodi del primo story arc vediamo Robin Castillo, p.r. di John, alle prese con un modo per sollevare le quotazioni di John/Dio rispetto alla percezione degli esseri umani.

In questo caso l’idea è quella di farlo apparire in un film propagandistico sulla figura divina che lui rappresenta.
Sul concetto di dio e di religione in genere.
John ribatte che non accetterà mai… fino al momento in cui non scopre il nome del regista incaricato: il suo regista preferito di sempre (al momento siamo abbastanza certi che sarà Clint Eastwood).

Un regista profondamente ateo. Che nel suo immaginario ha sempre messo l’uomo e non il dio.
Quindi un regista che sicuramente farebbe scalpore realizzando un film intriso di religione.

John, che non può sfruttare i suoi poteri per scopi divini (sennò negherebbe il patto del libero arbitrio) e quindi si ritrova, come tutti, a fare un provino che non si concluderà benissimo, in quanto lo vede arruolato solo ed esclusivamente per fare la comparsa.

Resta stupito, è una grossa botta per il suo onore, finchè non incontra Andy.

Andy gli si presenta con questa battuta:  “Ci chiamano comparse e vogliono che nessuno si accorga della nostra presenza. Sarebbe più giusto “scomparse” allora. No?”
Andy afferma di aver fatto la comparsa in TUTTI i film del regista, che ormai lo considera una specie di portafortuna, e davanti a un John perplesso, sicuro di non averlo mai notato prima, risponde: “Mi hai sempre visto, ma io ho una faccia nata per essere dimenticata. Come la tua.”

Da questo momento quindi nasce una strana amicizia tra John ed Andy, un’amicizia nata in un ambito, quello delle comparse, di persone che si ammazzerebbero pur di farsi notare dal regista.
John impara molto da Andy ma nel momento stesso in cui viene notato dal regista e acquista sempre più peso nel film, inizia ad inimicarsi quello che sembrava un vero amico.

In breve l’amicizia tra i due naufraga e John diventa il pupillo del regista trasformando il film in uno spot religioso esattamente come programmato.

Ma qualcosa non va.

I film di questo regista hanno avuto sempre come fuoco, come obiettivo centrale, l’uomo, mai il divino, e John a un certo punto si troverà davanti al dubbio se continuare e realizzare, il primo – brutto – film di un regista che lui reputa un dio, oppure se rinunciare al suo proposito e, riconquistare un amico.

Il tutto, metaforicamente, ci serve per raccontare le frustazioni di Dio che, davanti ad un ateo, perde tutto il suo peso, il suo potere, svolgendo solo il ruolo di comparsa ai margini della sua esistenza.
Ed ha una doppia valenza sottolineando che in questo caso, dio è la comparsa, e ad esserci dietro alla macchina da presa è solo un uomo.

Il titolo invece, è preso in prestito da uno strano strano film del 1929, con una splendida locandina, che nasconde una storia molto particolare.”

Davide riflette un po’, e poi ci manda questo bozzetto:

seguito da questa mail:

“Roberto e Lorenzo, ciao.
Mauro, ciao in cc.

Come al solito, facce, ingombri, espressioni: tutto in fieri.
E’ solo un bozzetto.
Non so ancora con quale stile-tecnica la realizzerò.

Premesse.

In base a quello che mi ha scritto Mauro e alla mia interpretazione ho lavorato su quest’idea… con molto streben, ma è quello che volevo.
Se la seconda copertina era un ‘bastone’, questa dovrebbe un po’ fare da ‘carota’.

Non ho insistito molto sul “comedy”, per questo motivo. Ciò nonostante alcuni elementi inseriti nel bozzetto dovrebbero restituire all’azione una componente allegorica e “comedy”.

Concept.

La passione di Cristo, attraverso il cinema dell’uomo.

Dio s’è fatto uomo (il Cristo) per esperire tutto ciò che era dell’uomo e con la Passione, l’estremo e ultimo sacrificio, redimere l’uomo stesso dal peccato originale.
Cristo, (ultimo) agnello di Dio.

Durante la passione il Cristo si lascia giudicare, condannare e torturare dall’uomo fino alla pubblica gogna: la crocifissione.

John si fa uomo-attore in questo episodio, per attraversare le tappe di una nuova passione ed essere esposto alla gogna moderna del cinema: fatto per l’uomo e dall’uomo… il nostro regista in particolare.

Della sottotrama o trama parallela col personaggio “comparsa” me ne sono fregato abbastanza.”

Per me era fantastica.
Era fantastico soprattutto il ragionamento che stava dietro quel bozzetto.
Quindi gli ho fatto semplicemente togliere il nome di Eastwood dalla copertina per mantenere un minimo di curiosità sull’albo e tutto il resto è stato felicemente approvato.

Ma, e torniamo al ma di prima, m’assaliva nella mente il pensiero che poi, i lettori, si aspettavano di ritrovare il centurione col volto da macchina da presa nella storia!

Io me lo sarei aspettato.

Mi dicevo di no ma era solo un modo per non forzarmi ad inserire qualcosa che nella storia, fino a quel momento, non c’entrava nulla.
Certo che se avessi trovato un modo…

E il modo è arrivato mentre immaginavo questo Limbo dei personaggi dimenticati… Andy… e quindi qualcuno che lo scortasse per quelle lande.
Qualcuno di apparentemente minaccioso, come nella copertina, ma che poi si rivelava simpatico e divertente.

Anzi, proprio l’esigenza di non relegarli al ruolo di comparse mi ha fatto venire in mente che potessero avere questa stupida, piccola caratteristica:

Uno dei due ripete quello che ha appena detto l’altro.
L’altro si incazza.

Stop. Semplice.

Che tanto, di più, in quel poco spazio, non si poteva dire. Sclavi era un genio nel caratterizzare con elementi minuscoli dei personaggi che poi ti rimanevano nel cuore, io non aspiravo a tanto, ma il modello era sicuramente quello.

Ah. In giro per il cimitero dei personaggi che non vengono più utlizzati c’è:

Il battello di Steamboat Willie.
Il robot del Pianeta Proibito.
La luna di Melies.
La statua della libertà del Pianeta delle scimmie (l’originale).

Herbie.
Il libro dei morti di Evil Dead.
Semola.
Slottie dei Goonies.
Lo slittino di Quarto Potere.

Tavole 90/91

John finisce di parlare con Andy, comprende di aver sbagliato tutto e dopo aver visto che il suo mito è definitivamente diventato una macchietta, decide tranquillamente di cancellare la realtà di questo episodio:

Non credevo che me l’avrebbero mai passata, buttarla sulla gag, mi ha sicuramente aiutato.
E questo era il finale.

Tavola 92

Di tutta la realtà cancellata volevo comunque preservare il confronto tra John e il padre, quindi eccolo riproposto, ma con la battuta cambiata.
Clint resta la loro chiave, ma quello che è venuto a modificarsi è il ruolo svolto da John.

Questo l’epilogo numero uno.

Tavole 93 e 94

E questo l’epilogo numero 2.

Clint sta veramente girando un film intitolato Hoover, che dovrebbe uscire tra il 2011 e il 2012.
Mi piaceva concludere l’episodio nel giorno della prima perchè mi immaginavo si essere in sala, tra un annetto, e proprio come John, mettermi a cercare tra i fotogrammi, alla ricerca di Andy.

Ecco fatto.
L’episodio si chiude qui.
Mi scuso per essere stato troppo verboso ma spero di aver solleticato la curiosità, risposto a qualche domanda e magari aver svelato un po’ di quello che si nasconde dietro questo splendido mestiere.

Durante la stesura dell’albo non sono stati danneggiati animali ma in compenso ho ascoltato un sacco di bella musica.

(in rigoroso ordine alfabetico):

Swanlights – Antony and the Johnsons
The suburbs – Arcade Fire
Humbug – Arctic Monkeys
Transit Transit – Autolux
Penny Sparkle – Blonde Redhead
All the people – Live at Hyde Park 02/07/2009 – Blur
Californication – First Season OST
Dark Night of the Soul – Danger Mouse & Sparklehorse
Songs of pain 1980-81 – Daniel Johnston (“Never Relax”, vero Giò?)
Hunky Dory – David Bowie
Halcyon Digest – Deerhunter
Into the Wild – Eddie Vedder
D-Sides, Plastic Beach – Gorillaz
Grinderman 2 – Grinderman
Hawk – Isobel Campbell / Mark Lanegan
Our Inventions – Lali Puna
Overtime – Mary and the Strays
Heligoland – Massive Attack
Low Life – New Order
Slanted & Enchanted – Pavement
Greatest Hits. So far. – P.I.L.
Scott Pilgrim Vs The world OST
Rubber Soul, Revolver, Abbey Road – The Beatles
The Queen is dead – The Smiths
The XX – The XX
The Eraser – Thom Yorke
Desperate youth, blood thirsty babes – Tv on the Radio
Send, Object 47 – Wire.

Niente roba italiana quando sceneggio, perché sennò mi perdo a sentire le parole e finisco col trascriverle, come per errore.

Ciao.

Scritto in fumettaria, john doe, me

7 commenti

  1. luca -

    grande!
    faccio un post e ti linko!
    😉

  2. federico -

    Non solo se hai troppa fame rischi il baratro, ma poi fai anche fatica a trovare i pantaloni.

    E comunque, concordo su Dante (staccato), ma gli zombi dicono “cervelli”. E su internet ci sono le prove.

  3. RooB -

    Fantastico. Fantastico il post e fantastico l’albo. A mio (modestissimo) parere il più bello dei 4 del nuovo corso e più bello della maggioranza di quelli appartenenti alla 3a stagione. Il post mi ha spiegato un sacco di cose divertenti, curiose ma soprattutto interessanti e utili. In particolare mi è piaciuta molto la spiegazione della struttura narrativa degli archi cucita sull’albo. Davvero spero di leggere interventi così per ogni prossimo albo che scriverai (se il buon giorno si vede dal mattino…). Avrei tante altre cose da dire a riguardo ma non voglio diluire troppo il concetto.
    P.s.: Ho riletto in queste pagine un John che mi mancava da un po’: egoista, sborone, ironico, stronzo, ma romantico (verso se stesso e le sue proiezioni) e ancorato alla sua cultura dello spettacolo. Mi mancava tanto. Grazie!

  4. Giovanni -

    Neeeeeveeeeerrlaaaaxxxx!
    Never relax!
    Never relax!!
    Never relax!!!

    Che canzone, che artista!

  5. Mauro -

    @Luca
    Yo!

    @Fede
    Colpa dei negozi con le taglie sballate. Tsè. E comunque, al massimo, gli zombi dicono bukkake.

    @Roob
    Grazie a te per tutte le belle parole.
    Sono l’incentivo migliore!

    @Giovanni
    Uno sputo a chi dice il contrario!

  6. Roberto B. -

    Non conoscevo John Doe, l’ho iniziato a leggere solo con la nuova serie, quindi il mio giudizio prescinde da tutta la storia del personaggio.

    Dei primi tre episodi (comunque buoni) il terzo mi è sembrato il migliore.

    Come hai notato già tu, la “conversione” di C.E. è risultata un po’ brusca ed è probabilmente l’unico vero punto debole dell’albo.

    Il vero protagonista è ovviamente… com’è che si chiamava la comparsa?

    Altre note a margine, non dipendenti direttamente da te, ma visto che sei “all’interno” magari puoi farci qualcosa.

    Rispetto agli albi Bonelli (ma anche ai bonellidi, come quelli della Star Comics, ad esempio), la confezione di John Doe risulta di una qualità inferiore. La copertina (cartoncino e plastificazione) non è al livello della concorrenza, la carta e la rilegatura dell’interno idem (qualità e opacità della carta, ondulazioni delle pagine, non è facile aprire l’albo oltre un certo angolo senza rovinarlo, etc.).

    I disegni sono dei primi tre albi sono buoni, nella media della qualità bonellide.

    Il lettering potrebbe migliorare.

    L’artwork delle copertine è poco da “copertina”, nel senso che manca forse un po’ di design, di composizione; non è una critica, per me De Cubellis è bravissimo, ma forse il pubblico è abituato a copertine più “standard”, con meno orpelli. Ripeto, a scanso di equivoci, a me vanno benissimo così!

    Keep up the good work!

    P.S. Questo tipo di post è troppo interessante: DEVE essere necessariamente ripetuto per ogni albo che sceneggerai 🙂

  7. Andrea Gadaldi -

    Ottimo ottimo! 🙂

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