All’ombra dell’ultima luna.

4 gennaio 2011 da Mauro

Era intorno alla mezzanotte ma in una delle zone poco frequentate di Bangkok.
Una con poche persone, di quelle, per intenderci, dove è faticoso trovare un taxi e persino un tuc tuc.
Pensavo al fatto che chiunque scriva, per lavoro e per diletto, prima o poi si sente rivolgere le fatidiche domande: “Da dove prendi le tue idee? Dove nascono le tue storie?”
Come se esistesse un luogo segreto e prezioso di cui tu sei a conoscenza e gli altri no.
E’ triste e rassicurante allo stesso tempo, rivelare che non c’è nessuna pentola magica, che le storie esistono già pronte, non sono di nessuno e sono di tutti ed avvengono spesso davanti ai nostri stessi occhi, solo affinché si possa poi raccontarle.

Ero appena sceso da questo piccolo battello e avevo superato quattro uomini che giocavano a dama su un tavolaccio di legno usando come pedine dei tappi di plastica.
Mi ero lasciato alle spalle le due tipe che controllano il passaggio del molo e, insieme ad uno sparuto gruppo di persone, mi allontano dal fiume percorrendo questo pontile qui:

L’acqua odora di fogna, di un paio di imprecisate carcasse e delle centinaia di bottiglie che vedo a mollo mentre si spengono le luci di un locale dove avevo visto due musiciste suonare il salterio.
Un sorcio mi passa davanti talmente velocemente che se potesse percorrere tutto il globo manderebbe indietro il tempo fino al periodo in cui ero magro.

Poi, davanti a me, ecco i pescatori più improbabili di tutti i tempi:

Lo Smilzo perplesso e agitato, il Ciccione tutto preso dal cantare a gran voce gli mp3 nel suo cellulare e il Disilluso.

Tre poveracci puzzolenti che, imitando alcuni anziani dall’altra parte del pontile, tentano di rimediare una cenetta a basso budget.

Già li amo e decido di restare lì a vedere cosa riusciranno a fare.

Intorno a me intanto gli alberghi iniziano ad illuminare le finestre di quelli che rientrano:

Le due tizie dell’attracco si accorgono che le guardo e mi riguardano senza cedere per prime. Perdo io.

C’è lui che domattina avrà un invidiabile mal di schiena ma al momento gli interessa meno che a me che sto lì a chiedermi cosa abbia pensato prima di addormentarsi.

Un ragazzo e una ragazza che piegano insieme la tovaglia dell’ultimo tavolo della giornata.

E sempre loro che continuano a non prendere niente mentre Ciccio prova a far cadere il cellulare dalla balaustra quattro o cinque volte.

Sempre continuando a cantare.

Io gioco coi fuoco e fuori fuoco della macchina fotografica e mi accorgo di qualcosa che finora la mia capoccia non aveva registrato.

Cambio fuoco e li vedo chiaramente.

Questa ragazza finisce di cambiare il neonato e accenna sorrisi a me e a quello che ipotizzo essere il suo compagno (lo Smilzo perplesso e agitato – ebbene si)

Cerco di non pensare allo sporco orrendo, alla puzza e alla porta che potrebbe aprirsi da un momento all’altro colpendo in pieno il bimbo e mi fermo sul sorriso della mamma e sulla serenità che, comunque, mi dà.

Il fagotto, se non schiatta di setticemia, avrà degli anticorpi talmente cazzuti da mangiarseli al volo, i sorci velocipedi come quello di prima.

Poi sento delle urla di gioia dall’altra parte del pontile.

La zona dei vecchi.

Mi precipito e scopro, con gioia, che il vecchio senza canna e senza denti, munito solo di un barattolo al quale era legato intorno un filo con un verme all’amo, ha acchiappato una bella bestia:

Tutti si precipitano a complimentarsi e a sorridere al vecchio.
Si scherza e si parla della mangiata, dei modi di cuocerlo.
Il ciccione ha smesso di cantare e si atteggia ad espertone dimostrando di sapere perchè il vecchio sia riuscito a fregare tutti.
Il disilluso non fa una piega.
La mamma applaude.

Poi mi viene un pensiero. Solo a me a quanto pare, e mi precipito.

Eccolo lì il campione. Sempre al suo posto, ma stavolta senza lo stuolo di protettori intorno.

Alla mercé dei sorci corridori e dei terribili apritori di porte ad altezza cranio.

Ma è solo per poco. L’entusiasmo verso il pesce appena strappato al fiume svanisce presto.

Tutti, tranne la mamma, tornano al loro posto.

E quelli che per un attimo si sono fermati a guardarmi

Avevano un solco lungo il viso, come una specie di sorriso.

——

Le storie avvengono davanti agli occhi di tutti, l’unico privilegio che è concesso a chi le racconta, è legato alla natura del finale.
Perché i finali non appartengono alla vita e sono un invenzione dell’uomo, che si illude di potergli sopravvivere.

4 commenti

  1. spino -

    Mica puoi finirla così…

    Che fine ha fatto la mamma?
    Il vecchio ha cucinato il pesce o l’ha mangiato crudo?
    Il ciccione ha perso il cellulare nel fiume?

    Ti odio! 😀

  2. Fabrizio -

    La leggenda dei Re Pescatori 🙂

    Gran reportage giornalistico, oltre che bellissimo racconto.

    Premio Flaiano a “Un sorcio mi passa davanti talmente velocemente che se potesse percorrere tutto il globo manderebbe indietro il tempo fino al periodo in cui ero magro.”

  3. Michele T. -

    Bel post, Mauro! Hai raccontato un pezzo di mondo che difficilmente chi si vuol concedere una vacanza in quei luoghi vuole davvero vedere.

    Tu hai deciso di andare nella direzione opposta e non volgere lo sguardo altrove.

    E la cosa ti fa onore.

  4. Paul Izzo -

    ciao Mauro,
    ero lì con te a guardare il sonno dell’innocente e in attesa del Topo Cattivo.
    In bocca al lupo per il viaggio a Hong Kong.

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