Il padre e il giovane cantante.

31 luglio 2010 da Mauro

Il padre è uno di quelli in pensione troppo presto.
Di quelli che: o in quel momento oppure dieci anni dopo.
Di quelli che hanno cominciato così giovani che 35 anni di onorato servizio sono arrivati prima dei capelli bianchi.

E quindi il padre è uno di quelli che cerca un lavoro da pensionato.

E i lavori da pensionato sono tipo sei, ma se togli quelli che pesano sulla schiena si riducono ad uno: recupero crediti.

E il padre non si trova bene nel vestito di quello che telefona a chi è vestito da quello che non vuole rispondere.

Ma come altri è lì dentro principalmente per recuperare credito verso sé stesso, per quanto nessuno sia mai andato a battere cassa.
Per quanto non ci sia realmente nessun debito.

E gli altri intorno a lui sono più vecchi e più giovani, più ricchi e più poveri, più socievoli e meno. Sempre più o meno, mai come lui.
O perlomeno, così se la vive.
“No, ma quelli sono ragazzi come te!”
“No, ma ci sono certi che li vedi e dici proprio ma a st’età come ti va ancora di correre dietro a chi ti corre più veloce?

Scambia due parole solo con quello col cappello in testa e che sta sul cazzo a molti proprio per via di quel cappello in testa per cui sta sul cazzo a molti.
Quello sempre senza una lira, che non è che faccia chissà quante cose, che non è che veda chissà quanta gente, ma che suona la chitarra e canta.

Quello che Bocca di Rosa eseguita da Beppe Barra non l’aveva mai sentita e che ora se la mastica tra le labbra come il nome che darebbe a sua figlia.

E il padre gli parla del suo di figlio che ha la sua stessa età e che ascolta la sua stessa musica e forse un po’ ce lo rivede nella testa dura e nella supponenza di chi, comunque vada, proseguirà per la sua strada.
Sempre col cappello in testa.

E il cantante dice spesso la sua e poi lo saluta, con Gabriella Ferri a fargli da corista e una tradizione cantautorale pronta a dargli il suo benestare.

E il padre chiama il figlio, che è uscito il primo cd di quel suo amico che ora non lavora più con lui, gli dice di ascoltarlo, che è simpatico e il padre dice “simpatico” quando intende interessante, particolare, con delle note di qualcosa che gli piace.
Il figlio non lo fa perché è uno di quelli da secondo album e poi recupero il primo.
Non come atteggiamento premeditato ma come dato di fatto.
Accade così. Così è la vita.

Così come deve ricordarglielo, oggi alle 15, “ti sei ricordato?” comincia così, “ti sei ricordato di prendere i biglietti per il concerto di stasera?”
No che non s’è ricordato il figlio, perché ha la ram piena ma anche le gambe lunghe e quindi rimedia.

Parterre centrale. Culo.
Pioggia come iddio non la manda da mesi. Sfiga.

Si meraviglia il padre di tutta quella gente all’auditorium. Tutta quella gente per ascoltare l’amico suo. Sorride e dice cazzo come lo dicono gli abbruzzesi contenti.

E cerca tra la folla qualcuno degli ex colleghi, magari venuto per sentire l’amico, ma non ne trova. Invidiosi forse, brutta l’invidia.

Un’ora passa e la pioggia no, concerto annullato.

La gente s’indispone.

Il giovane cantante allora s’affaccia, dice che vorrebbe solo bestemmiare ma che almeno i fulmini cadono anche a San Pietro, parla di rimborsi, di replica a settembre e ringrazia tutti i presenti invitandoli a posizionarsi lungo il colonnato dell’auditorium perchè eseguirà, accompagnato dal suo gruppo, alcune canzoni in versione acustica, per scusarsi e starci vicino.

La gente si dispone.

Escono per prime le trombe, poi le percussioni e infine lui, tra damigelle di servizio d’ordine che allontanano gli astanti ma non troppo.
Le mani applaudono, il padre sorride e dice “Guarda quant’è forte!” e il giovane cantante lo vede e si toglie la chitarra, evita le damigelle e lo abbraccia.

Il figlio sente solo dire:

“Alessà, ce la stai facendo, sono proprio contento!”
“Giusè, che bello che sei passato!”

Poi si separano, la musica continua, la gente canta e il figlio non sente più niente, ché il concerto è iniziato diecimila anni fa e non finirà prima di domani.

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7 commenti

  1. amal -

    è appunto questo attimo di cui non si è accorto nessuno, in questo concerto iniziato diecimila anni fa e che non è ancora finito che, alla fine della fiera, mi ha resa contenta di una notte insonne. Così da poterlo leggere ora, fresco come l’arietta che filtra dalla finestra…

  2. Solange -

    Siete così poetici che non posso aggiungere altro, solo apprezzare.
    Ed apprezzo.

  3. Mauro -

    Hanno fatto tutto loro.
    Io ero spettatore.
    E apprezzavo.

  4. FRAFFA -

    Semplicemente ti adoro… VI adoro.

  5. Irene -

    pianto.

  6. Mauro -

    ‘saggggerat’ 🙂

  7. Irene -

    Giuuuuuuuuro! Non pianto greco urlante…emozione lucida negli occhi.

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