C’er(c)a una volta in Cina.

23 marzo 2010 da Mauro

La prima volta che sono stato in Cina ho fatto lo slalom tra quali, dei miei preferiti, riuscissi ancora a visualizzare.
Comicus si. Rrobe no (fottuto sobillatore tibetano), Repubblica no, Matthardcore si (a cercarla in fondo in fondo una certa coerenza DEVE esserci).
E il visto per restare durava sei giorni e te lo facevano ad Hong Kong in 20 minuti.

Ci sono tornato a ridosso delle olimpiadi e la totalità dei miei preferiti era accessibile. La Cina, sotto gli occhi del mondo si mostrava aperta e impegnata a sollevare tonnellate di tappetini virtuali per nascondere censure e divieti, e a stipare armadi pieni fino a scoppiare di filtri e impossibile visualizzare la pagina.

E il visto durava 30 giorni così che potevi gustarti in santa pace le olimpiadi senza il rischio di venir accompagnato al confine.
Il problema era che nessuno aveva avvisato me e Veronica (e gli ospiti di Cinalandia tutti) che non ci volevano più 20 minuti per le operazioni ma 3 giorni. Restammo quindi bloccati ad Hong Kong in una delirante Lost in translation fatta di mutande e spazzolini comprati al 7eleven sotto l’unico albergo rimediato al volo nell’inquietante quartiere a luci rosse,  revisioni di sequenze dai portatili in stanza e giri notturni alla ricerca del posto migliore dove farsi fare la pelle (che sarebbe stato sul traghetto Hong Kong – Shenzen ma questa ve la racconto un’altra volta!)

Parlai con molti ragazzi restando parecchio sorpreso della loro piena coscienza della situazione.
Dall’Italia l’immagine che arriva della Cina è quella di un enorme contenitore di Raffaella Carrà dove due miliardi di fagioli rossi lavorano stipati stretti senza nulla sapere del mondo intorno perché tutto è divieto e questo è, in parte, molto vero.
Ma se dalle province del basso impero segni di protesta non ne arrivano, le metropoli brulicano.
I ragazzi parlano, scrivono e, peggio ancora: si riuniscono. L’assenza della libertà di stampa, la strage dei monaci tibetani (l’unica con la fila di sponsor fuori dalla porta), le migliaia di sentenze per la pena di morte ma anche le corruzioni e le opportunità sono argomenti che circolano sotto manifesti pirata che si diffondono nel sottosuolo, cartaceo o virtuale che sia.
I ragazzi parlano, i ragazzi sanno che NON hanno perso Google. Sanno che la legge non impedisce al motore di ricerca di svolgere il suo compito dal momento che lascia Pechino e reindirizza tutti su Hong Kong (google.com.hk) ma sanno anche che questo ancora non basta.
Perchè la Cina sta provando a tornare indietro e questo può accadere soltanto se tutti volgono lo sguardo altrove. Perché se il mondo guarda, la Cina sarà costretta nuovamente a nascondersi per mostrare, e che almeno questa patetica ipocrisia possa servire a svegliare chi è cresciuto con la convinzione che esista un’unica voce e dimostri a sempre più persone che sono solo i differenti punti di vista a fare realmente informazione.

Una lezione che anche in Italia non dovremmo dimenticare. E se questo paragone dovesse sembrare pura demagogia andate a guardarvi le statistiche sulle libertà di stampa aggiornate al 2009… tra tutti gli stati del mondo noi siamo posizionati al 73esimo posto, Hong Kong al 75esimo.
Entrambi nella non invidiabile posizione di “Patly free”, libere soltantanto in parte.
La Cina invece, al 181esimo posto, è tra quelle considerate “not free”.

Dentro di me, questo è il ricordo della Cina più nascosta:

Della Cina più esposta (Hong Kong):

e per concludere… della Cina Lost!

Scritto in me, mondo, voci di strada

10 commenti

  1. Marco C. -

    Questo sta divenendo vieppiù un sito politicizzante e politicizzato, tenuto dal “nuovo” (ma per scherzo) Mauro Travaglio 😀 😀
    Chissà se da oggi sei invisibile anche te in Cina.

  2. Giovanni -

    Ammazza, 65° posto… non male… poi dici perché uno s’incazza.

  3. Marco C. -

    La mappa di Mauro è vecchiotta, qui quella aggiornata
    http://www.freedomhouse.org/template.cfm?page=251&year=2009 e siamo passati da un rassicurante verde ad un allarmante giallo, che poi vuol dire “Parzialmente Libera”.

  4. Mauro -

    Hai ragione Marco! Ho editato il post.

  5. Giovanni -

    Ecco, io ci farei un’intera campagna elettorale su questa cosa. Cazzo, manco a dire che non lo sappiamo, che non sappiamo di chi è la colpa o chi è che inquina il sistema… che schifo…

  6. rainwiz -

    2008: Total score 29

    Legal Environment: 10
    Political Environment: 10
    Economic Environment: 9

    —–

    2009: Total score 31

    Legal Environment: 11
    Political Environment: 11
    Economic Environment: 10

    ——

    Aumentano i rating di tutti e 3 i sotto indici, cosa ancora + preoccupante. Chissà il political environment a quanto andrà dopo tutto questo:

    http://www.corriere.it/politica/10_marzo_18/cavaliere_chiama_carabinieri_8fea289c-3258-11df-b043-00144f02aabe.shtml

    Cito apposta il “corriere” che ha fatto del giornalismo equilibrato (meglio definibile equilibrista/mansueto) il suo vanto…

  7. Mauro -

    Il prossimo passo è chiamare a suocuggggggino!

  8. spino -

    Mi ha detto miocugggggino che un elettore del PDL vale per 4…ed infatti, 250.000 x 4 = 1.000.000…

    Se non sai la matematica, salla.

  9. Maurizio Battista -

    Ciao Mauro,
    ho scoperto il tuo sito (hai scelto un nome fantastico) a partire dal blog di RRobe. Comunque dopo questo post, mi sa che il tuo indirizzo non sarà visibile in Cina. 🙂

  10. Mauro -

    Ciao Maurizio, benvenuto!
    Mi sono informato subito dopo aver letto il tuo commento e… si, il mio sito è ancora visibile in Cina! 🙂

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